1. I nuovi mondi
1.1 La caduta dell'Impero bizantino
Il XV secolo fu un periodo di gigantesche trasformazioni negli equilibri mondiali: antichissime civiltà caddero, nuovi imperi sorsero, popolazioni che non si erano mai conosciute entrarono in contatto, e per alcune di esse si trattò di un incontro destinato a produrre conseguenze distruttive.
Uno degli eventi più importanti nella storia di questo periodo fu la caduta dell'Impero bizantino. Agli inizi del '400 Costantinopoli non era altro che "una città isolata, un cuore, rimasto miracolosamente vivo, di un corpo enorme, da lungo tempo cadavere" (Braudel). L'intraprendenza dei genovesi e dei veneziani, insediatisi, già sul finire del XIII secolo, nei più lontani avamposti lungo le vie di traffico con l'Oriente (a Caffa in Crimea, a Tana, dove il Don sbocca nel mare d'Azov, a Trebisonda sulla strada per la Persia) aveva sottratto alla città del Bosforo gran parte delle sue fonti di ricchezza. Per cogliere l'entità del fenomeno basta riflettere su un dato: nel 1348 le dogane di Pera, un sobborgo di Costantinopoli abitato da genovesi, fruttavano alla città ligure 200.000 soldi d'oro, mentre dalle proprie dogane imperiali Costantinopoli ne ricavava appena 30.000.
L'acclimatazione del baco da seta in Italia e lo sviluppo, che ne derivò, dell'industria tessile, tolsero alla città anche l'antico monopolio di quel prodotto. Costantinopoli, già provata, accusò un colpo durissimo: nel 1400 essa era ormai una città spopolata e immiserita, dove gli edifici cadevano in rovina e circolava una moneta di pessima qualità.
Su questa città in rovina si abbatté un nemico potente. Si trattava dei
turchi ottomani (dal nome Osman o Otman del fondatore del loro Stato), che avevano preso in Asia Minore il posto dei turchi selgiuchidi, la cui compagine era stata abbattuta dai mongoli. L'avanzata degli ottomani fu irresistibile: nel 1354 essi superarono lo stretto dei Dardanelli e invasero la penisola balcanica; nel 1361 conquistarono l'importante città di Adrianopoli; nel 1389, con la trionfale battaglia di Cossovo, abbatterono il Regno di Serbia, che, costituitosi nel XIII secolo, aveva raggiunto una posizione di forza nella penisola balcanica; nel 1393 gli ottomani conquistarono il Regno di Bulgaria, minacciando i confini dell'Ungheria. Il re di questo paese, il futuro imperatore Sigismondo di Lussemburgo, cercò di frenare la loro avanzata ma fu duramente sconfitto nella battaglia di Nicopoli del 1396.
Sembrava che nulla potesse fermare l'irruenza ottomana e che il destino di Costantinopoli fosse ormai segnato. Ma almeno per il momento non fu così. La penetrazione ottomana in Occidente, infatti, fu bloccata dalla nascita di un grande impero orientale, che sembrò rinnovare gli antichi successi di Gengis Khan. L'artefice di questa impresa fu
Tamerlano (Timur Lenk, cioè "Timur lo zoppo", a causa di una ferita riportata in combattimento), il capo di una tribù mongola turchizzata di Samarcanda che guidò il suo popolo alla conquista di un enorme impero, che si estendeva fino all'India, al Mediterraneo, al Mar Nero. Lo scontro decisivo tra le armate di Tamerlano e quelle ottomane avvenne ad Ankara nel 1402: gli ottomani subirono una vera e propria disfatta e il loro dominio si disgregò rapidamente.
Gli imperi nati troppo in fretta sono insieme potenti e fragili: potenti per l'entusiasmo e l'ardore che trascina ì vincitori a sempre nuove imprese, fragili per la mancanza di organizzazione. Tamerlano, inoltre, era un guerriero abile e coraggioso, ma - a differenza di Gengis Khan - non aveva la tempra dell'uomo di governo. Così, alla sua morte, avvenuta nel 1405, l'impero da lui edificato si sfasciò.
Gli ottomani approfittarono di questa insperata circostanza e, sotto la guida di Murad II (1421-51), riedificarono dalle ceneri la loro potenza.. Ora essi potevano riprendere l'espansione verso l'Europa. Era opinione dei più che Costantinopoli non avrebbe potuto resistere ancora a lungo. Il timore si diffuse anche alla corte bizantina, e l'imperatore Giovanni VIII Paleologo (1425-48) cercò di correre ai ripari. L'ultima speranza di salvezza stava nell'aiuto dei cristiani d'Occidente e nel 1438 l'imperatore si recò in Italia, a chiederlo di persona. L'unica merce che egli poteva barattare in cambio dell'aiuto militare era la sottomissione della Chiesa di Costantinopoli al papa di Roma: solo pochi decenni prima questa idea sarebbe sembrata sacrilega, ma ora, con i turchi alle porte, essa poteva anche apparire ragionevole. Il popolo di Costantinopoli, però, non condivideva affatto la scelta del suo sovrano, ed erano molti quelli che si dicevano pronti a morire per mano degli infedeli piuttosto che sottomettersi ai cattolici. Malgrado l'ostilità delle masse bizantine, l'unione tra le due Chiese fu proclamata ugualmente, durante un concilio tenutosi a Firenze nel 1439.
L'evento fu celebrato festosamente in tutta Italia, ma non servì a salvare Costantinopoli. Da un lato, alle autorità politiche dell'Occidente fu presto chiaro che a quell'atto formale non corrispondeva una convinta adesione del popolo bizantino; dall'altro, le stesse potenze europee non attraversavano momenti felici: Francia e Inghilterra erano spossate a causa della loro guerra centennale, l'Italia era divisa, e così pure la Germania. Quanto al papa, la sua autorità non era più quella di una volta, ed erano finiti i tempi in cui bastava la sua parola per bandire una crociata.
Nel 1444 l'esercito di Murad II sconfisse, nella battaglia di Varna, un'armata composta di serbi, ungheresi, polacchi. Nello scontro perse la vita anche il re di Polonia Ladislao III. Nel 1453 il sultano turco
Maometto II (1451-81) attaccò dalla terra e dal mare la capitale dell'Impero bizantino. Il suo esercito contava circa 200.000 uomini, gli assediati erano quindici volte di meno (dall'Occidente erano giunti in aiuto solo qualche centinaio di veneziani e genovesi). Nel porto della città erano all'ancora ventisei navi da guerra bizantine; i turchi ne avevano circa quattrocento. L'esercito ottomano disponeva di un'artiglieria moderna e potente, che sbriciolava le antiche mura risalenti al V secolo d.C.; gli assediati si difendevano con armi medievali: frecce, lance, catapulte...
La città cadde la mattina del 29 maggio 1453. L'ultimo imperatore bizantino, Costantino XI, morì combattendo; pochi giorni prima aveva risposto così a un inviato di Maometto che gli chiedeva la resa: "Darti la città non dipende né da me né da alcuno dei suoi abitanti; tutti noi, infatti, siamo pronti a morire per decisione comune, presa di nostra spontanea volontà, e non risparmieremo la vita". Gli abitanti furono massacrati. La chiesa di Santa Sofia fu trasformata in moschea. Costantinopoli fu ora chiamata anche
Istanbul e divenne la base sulla quale gli ottomani costruirono la loro potenza marittima.
Scomparve così l'Impero bizantino, diretto erede dell'Impero romano d'Oriente, e scomparve con esso una delle più grandi civiltà della storia, mentre si consolidava l'
Impero ottomano, destinato anch'esso a lunga vita (cessò di esistere solo nel 1922, dopo la prima guerra mondiale).
La conquista ottomana di Costantinopoli determinò uno sbarramento alla penetrazione veneziana e genovese nel Mediterraneo orientale e nel Mar Nero. Più duramente colpita dal crollo della sua preziosa ma debole alleata, Venezia cercò di adattarsi alla nuova situazione e iniziò immediatamente trattative con i nuovi padroni del Bosforo. Già nel 1454 Venezia riuscì a ottenere alcuni vantaggi commerciali e il permesso di tenere un ambasciatore a Costantinopoli: segno evidente della sua potenza, ma anche del fatto che gli stessi turchi non erano del tutto disinteressati a trafficare con i cristiani. Tuttavia, malgrado queste piccole aperture, le città italiane non furono più in grado di muoversi in quel settore del Mediterraneo con la stessa libertà di prima, e questo, come vedremo, fu l'inizio del loro declino.
Del resto Maometto II non nascondeva il sogno di nuove conquiste, come mostrava l'intraprendenza della sua flotta. Nel 1480 i turchi sbarcarono addirittura in Puglia e occuparono la città di Otranto, massacrandone gli abitanti. L'evento suscitò apprensione in Italia meridionale ma sollievo nel resto della penisola: a Firenze come a Venezia infatti non dispiaceva che il re di Napoli avesse qualche preoccupazione in più. La morte di Maometto II, nel 1481, e la lotta di successione che si aprì alla corte ottomana alleggerirono tuttavia la pressione sull'Italia.
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