14. Guerre e egemonia nell'Europa del '700
14.1 Sistema internazionale e rapporti di forza
Fra il 1700 e il 1763 emerse e si accentuò, come abbiamo visto, un conflitto su scala mondiale tra Inghilterra e Francia. Un conflitto per il predominio commerciale, che nel corso del secolo si trasformò progressivamente in lotta per i possessi territoriali in America settentrionale e in India; un confronto che, per la sua durata, protrattasi anche negli anni della rivoluzione francese e dell'Impero napoleonico, è chiamato dagli storici americani la seconda guerra dei Cent'anni.
La sconfitta francese e l'affermarsi dell'egemonia coloniale inglese furono accompagnate dalla definitiva esclusione dei paesi iberici dalla competizione e dal loro stabile inserimento nel sistema commerciale britannico. Il Portogallo era divenuto dal 1703 largamente dipendente dall'Inghilterra per l'importazione di prodotti manifatturieri, che compensava con l'esportazione di vini sul mercato inglese; la Spagna, oltre ai privilegi commerciali, aveva dovuto cedere all'Inghilterra (con il trattato di Utrecht, 1713) l'isola di Minorca nelle Baleari e soprattutto Gibilterra, la posizione chiave per il controllo del passaggio tra Atlantico e Mediterraneo.
Se la rivalità oltremare fra Francia e Inghilterra fu un elemento decisivo per tutta la successiva storia non solo europea, i contrasti e le guerre che caratterizzarono l'Europa dopo il 1714, pur vedendo le due potenze schierate sempre in campi opposti, furono scatenati da motivazioni e occasioni di altra natura. L'Inghilterra, infatti, perseguì una politica europea mirante sostanzialmente a difendere la situazione consolidatasi dopo la guerra di successione spagnola e tutelò quindi il principio dell'equilibrio fra le potenze (principio che ebbe la sua definizione teorica proprio nel corso del XVIII secolo), evitando pesanti impegni bellici sul teatro europeo. La Francia invece, pur impegnata oltremare, cercò soprattutto di mantenere e consolidare il suo ruolo di principale potenza continentale e si inserì, quindi, in tutte le occasioni di conflitto.
Le guerre del '700 possono essere meglio comprese se esaminate alla luce dei rapporti di forza determinati dalla posizione geografica e dal livello di sviluppo raggiunto dalle istituzioni politiche nelle varie regioni d'Europa: piuttosto che in una cornice di conflitti dinastici, appare più persuasivo collocarle in quello che potremmo chiamare il
contesto geopolitico. Se osserviamo la carta d'Europa al 1715, possiamo notare come il margine atlantico sia contraddistinto da una serie di Stati - Spagna, Portogallo, Francia, Inghilterra e Province Unite - corrispondenti a comunità storiche, linguistiche e religiose sostanzialmente definite e da strutture politico-amministrative consolidate. Lo stesso si può dire per gli Stati scandinavi a nord. A est la nuova potenza russa rappresenta, seppure da pochi decenni, un'entità statale ormai consapevole della propria forza. Un arco di aree forti chiude dunque a ovest, a nord e a est due grandi aree deboli, il bassopiano tedesco-polacco dall'Elba al Dnjepr e la penisola italiana: deboli soprattutto perché segnate da una notevole frammentazione (anche ai contemporanei, ad esempio, l'Impero romano-germanico sembrava una "mostruosità") o da realtà statali tutt'altro che solide, come la Polonia. Quasi a cavallo di queste due aree deboli, l'Austria (o l'Impero asburgico come si usa, seppure impropriamente, chiamarla) è profondamente legata a entrambe come nucleo più forte dell'Impero germanico e come potenza egemone in Italia. Essa, però, non sarà in grado di affermare il proprio controllo su queste due zone: innanzitutto, per la sua notevole debolezza strutturale dovuta alla diversità e lontananza dei suoi domini che andavano dai Paesi Bassi all'Ungheria, dalla Boemia alla Sardegna; poi per la difficoltà di scegliere una linea politica ben definita tenendo contemporaneamente aperti tre fronti d'intervento: nel Mare del Nord, nei Balcani e in Italia. In stretto rapporto con gli insuccessi politici e militari degli Asburgo furono le modifiche intervenute nelle due aree "deboli" nel corso del '700: modifiche che ridussero drasticamente le dimensioni dei domini austriaci in Italia e li modificarono profondamente in Europa centrale.
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