17.8 Sommario
Si dà il nome di "rivoluzione industriale" al complesso di profondi mutamenti nelle forme di produzione che si verificò in Inghilterra tra fine '700 e inizio '800, mutamenti che successivamente si sarebbero affermati anche nel continente europeo. L'economia dell'Inghilterra preindustriale presentava alcune peculiarità che spiegano perché proprio lì avrebbe preso avvio la rivoluzione industriale.
Il controllo inglese del commercio internazionale favorì le manifatture tessili inglesi (rapido e poco costoso approvvigionamento di cotone grezzo, ampio mercato di vendita per i prodotti) e la diffusione di una mentalità imprenditoriale. La concentrazione nella proprietà della terra e l'introduzione di nuove tecniche di coltivazione configurarono una rivoluzione agricola che stimolò in vari modi il processo di industrializzazione: maggiori disponibilità alimentari per una popolazione in crescita, estensione del mercato interno (dovuta alla riduzione dell'autoconsumo), disponibilità di capitali per impieghi industriali, aumento della popolazione e, in una fase successiva, esodo dalle campagne (che consentirono la formazione di un proletariato industriale). Infine, la rivoluzione industriale fu favorita anche dalle particolari caratteristiche del sistema politico e dalla vivacità della società inglese.
Alla rivoluzione industriale si collegò l'introduzione di nuove tecnologie. Il legame tra invenzione e produzione (innovazione) è evidente nel settore tessile: l'aumentata capacità della tessitura (grazie alla "navetta volante") spinse alla meccanizzazione della filatura, che a sua volta stimolò l'invenzione del telaio meccanico. La fase successiva della innovazione tecnologica fu quella dell'utilizzazione del vapore come forza motrice.
La prima attività in cui si sviluppò il sistema di produzione basato sulla fabbrica fu quella cotoniera, la cui produzione aumentò enormemente grazie a vari fattori fra i quali: i costi limitati delle nuove tecnologie, la possibilità di alti profitti, la disponibilità di manodopera a basso costo, l'espansione del mercato. La meccanizzazione favorì l'industria siderurgica, che riuscì a far fronte alla nuova domanda soprattutto attraverso l'innovazione tecnologica.
Il sistema di fabbrica comportò la trasformazione del lavoratore in operaio, inserito in una crescente divisione del lavoro e soggetto a condizioni di lavoro (disciplina, orari) e di vita durissime. La semplificazione del processo produttivo rese possibile inoltre, soprattutto nell'industria tessile, l'impiego di donne e bambini. La prima reazione al sistema di fabbrica fu opera di lavoranti a domicilio e artigiani del settore tessile, tra cui si diffuse il luddismo. Spentesi le agitazioni luddiste all'inizio dell'800, e nonostante la politica repressiva del governo inglese, cominciarono a diffondersi tra gli operai nuove forme di organizzazione (società di mutuo soccorso, leghe di categoria).
Le trasformazioni legate all'industrializzazione sollecitarono, nell'ambito del radicalismo inglese, una nuova riflessione sui temi della partecipazione politica e della riforma sociale. Bentham, principale teorico dell'utilitarismo, individuò nel concetto di utile il criterio fondamentale cui deve conformarsi l'azione politica. Ricardo, il maggior teorico dell'economia "classica", pose in relazione la conflittualità sociale con la distribuzione del prodotto complessivo tra le varie classi.
La rivoluzione industriale inglese diede l'avvio a un nuovo sistema produttivo che, dal 1830 circa, si sarebbe esteso, con forme e modalità diverse, al resto dell'Europa e agli Stati Uniti. L'affermazione del capitalismo industriale e i profondi mutamenti sociali che l'accompagnarono (con la nascita di nuovi ceti e classi) determinarono, insieme alla rivoluzione francese, l'inizio di una nuova età, quella contemporanea, contrassegnata - nonostante profondi squilibri - dal raggiungimento del benessere economico nei paesi più sviluppati.
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