8.13 Le conseguenze economiche della guerra
La guerra dei Trent'anni fu un avvenimento di eccezionale importanza perché con essa si concluse la lunga e drammatica fase delle guerre di religione: gli Stati europei trovarono un loro equilibrio religioso destinato a restare immutato, nelle grandi linee, fino ai nostri giorni. Le conseguenze immediate del conflitto furono però terribili.
Dall'epoca delle invasioni barbariche nessun evento bellico aveva infatti provocato tanti disastri, e all'indomani della pace di Vestfalia molte regioni europee sembravano essere state attraversate da un cataclisma. Regioni come la Boemia, il Palatinato, il Brandeburgo, furono devastate senza pausa fino a dieci volte di seguito; quanto alle città, esse subirono ripetuti assedi e saccheggi. Magdeburgo fu assediata dieci volte, Lipsia cinque e l'elenco potrebbe continuare. Le finanze degli Stati belligeranti erano esauste per il lungo e massiccio sforzo militare e i contribuenti erano ridotti allo stremo. L'esempio di Wallenstein, che alimentava e retribuiva i propri soldati spremendo i paesi che attraversava, era stato immediatamente seguito da tutti i belligeranti. Le truppe di passaggio non si limitavano a consumare il grano dei contadini, che spesso si vedevano privati persino della semente necessaria al raccolto dell'anno dopo; esse requisivano i cavalli, scannavano gli animali, distruggevano i frutteti, incendiavano gli edifici. Durante l'ultima fase del conflitto gli eserciti erano inoltre accompagnati da una moltitudine di affamati, di diseredati, di profittatori, che si aggiravano come sciacalli: tutto quanto sfuggiva al saccheggio e alle devastazioni dei soldati era preda di queste orde fameliche.
Tra le conseguenze consuete della guerra c'era anche la diffusione delle epidemie. La peste nera ebbe una nuova recrudescenza, perché di regione in regione, di città in città i soldati lasciavano una scia di contagio. Tipico l'esempio del 1628: tra i soldati francesi che assediavano gli ugonotti di La Rochelle, scoppia un'epidemia di peste, che miete migliaia di vittime. Una parte di queste truppe, inviata da Richelieu in Italia del Nord, propaga il morbo lungo tutto il suo cammino. Risultato: una delle più gravi epidemie della storia, con effetti terribili tanto in Francia che in Italia. Ma episodi come questo praticamente non si contano.
Agli spostamenti delle truppe bisogna aggiungere quelli provocati dal timore che il loro arrivo suscitava nella popolazione: all'approssimarsi degli eserciti i contadini fuggono e si accalcano nelle città; qui, nell'affollamento e nella promiscuità, prosperano le infezioni. Non si tratta soltanto della peste e degli altri morbi conosciuti ormai da secoli, ma anche di nuovi agenti patogeni, insidiosi e micidiali: è questa l'epoca in cui si diffonde la sifilide, detta "mal francese", ma anche "spagnolo", "napoletano" o "germanico", dal momento che nessun paese intendeva assumersi la responsabilità di una malattia (in realtà proveniente dall'America), considerata vergognosa e degradante. Ai vecchi nemici se ne aggiungevano dunque di nuovi, contro i quali l'umanità era altrettanto impotente.
Tutti questi fenomeni, particolarmente gravi nei teatri della guerra dei Trent'anni, e soprattutto in Germania, ma non esclusivi delle regioni maggiormente coinvolte nel conflitto, mostrano fino a che punto la guerra debba essere considerata un aspetto fondamentale della crisi del '600. I primi sintomi della crisi (
8.1 e
8.2) furono precedenti alla deflagrazione del conflitto europeo, ma quest'ultimo aggravò quei sintomi e accelerò il loro decorso.
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