9.2 Il progetto assolutistico di Carlo I
Il successore di Giacomo I,
Carlo I Stuart (1625-49), sciolse il Parlamento per due anni consecutivi, nel 1625 e nel 1626. Costretto a riconvocarlo nel 1628 per farsi approvare il finanziamento di una spedizione di soccorso agli ugonotti assediati alla Rochelle (
8.4), il re dovette accettare una Petition of Rights ("Petizione di diritti") che condannava il fiscalismo monarchico, l'oppressività della Chiesa anglicana, l'uso invalso di trattenere i cittadini senza autorizzazione da parte di alcun tribunale. La petizione sortì tuttavia un effetto opposto a quello desiderato: nel 1629 Carlo I Stuart sciolse di nuovo il Parlamento e cominciò a reprimere sistematicamente l'opposizione politica e religiosa. La sua azione scavò un profondo fossato tra la monarchia da un lato, la gentry provinciale e le borghesie cittadine dall'altro; il re apparve in sostanza come il persecutore dei ceti economicamente più attivi e più sensibili alle suggestioni del puritanesimo. Due tribunali speciali, la Camera stellata (le cui competenze furono estese ai reati politici) e la Corte di alta commissione (istituita per reprimere la dissidenza religiosa), lavoravano a pieno ritmo, mentre il re aggirava la Petizione di diritti imposta dal disciolto Parlamento: senza che l'assemblea venisse convocata, fu estesa a Londra e a tutte le città del Regno l'esazione dello ship-money, un tributo originariamente versato solo dai centri portuali per il mantenimento della flotta regia; furono inoltre imposti nuovi dazi doganali non autorizzati dal Parlamento, mentre numerosi monopoli d'importazione furono ceduti con grande disinvoltura ad aristocratici e grandi mercanti.
La vendita delle cariche pubbliche e le dimensioni della burocrazia parassitaria raggiunsero proporzioni straordinarie: una pletora di funzionari, magistrati, appaltatori di pubbliche funzioni e servizi, versava al tesoro regio congrue somme, di cui si rifaceva abbondantemente a spese della comunità. "Per ogni cento sterline che arrivavano alla corona - ha scritto lo storico Hugh R. Trevor-Roper - ne venivano prelevate almeno quattrocento dai sudditi".
La corte di Carlo I si distinse anche per il lusso e per lo sfarzo sfrenato: un autentico insulto non solo per i moralisti puritani, ma per tutti coloro che erano colpiti dall'esosità del fiscalismo regio o dalla rapacità degli agenti della corona.
Dal punto di vista religioso, il forte rilancio della Chiesa di Stato comportò un diretto attacco, condotto dall'arcivescovo di Canterbury (e quindi primate della Chiesa anglicana) William Laud, contro le comunità puritane che non riconoscevano l'autorità dei vescovi anglicani e dei parroci da loro nominati. La Chiesa di Stato era autorizzata a perseguire con propri tribunali i non conformisti e gravava economicamente sulle risorse del paese, perché era finanziata con il prelievo di decime. Laud introdusse inoltre alcune riforme della liturgia di chiara ispirazione cattolica: uno scandalo per i puritani, tanto più che il sovrano si dimostrava molto comprensivo nei confronti degli odiati "papisti".
Nel 1639 l'arcivescovo Laud avviò una operazione di normalizzazione della vita religiosa in Scozia, dove nel 1560 si era stabilita la Chiesa nazionale presbiteriana, di stampo calvinista ortodosso. Di fronte al ripristino della gerarchia anglicana, al recupero delle proprietà confiscate a suo tempo agli ordini religiosi cattolici, all'introduzione di modifiche liturgiche, il clero presbiteriano, seguito dall'assemblea nazionale scozzese - nobiltà in testa - rispose con il Covenant, un "patto" giurato di difesa a oltranza del calvinismo ortodosso dalle ingerenze inglesi. Era la guerra: gli scozzesi sconfissero l'esercito regio e invasero il territorio inglese occupando alcune città. Esaurite le risorse finanziarie, Carlo I fu costretto, per poter continuare la guerra, a convocare il Parlamento perché approvasse nuove imposizioni fiscali. Nell'assemblea prese però corpo una vasta opposizione, che solidarizzò con i ribelli e reclamò l'abolizione dei più vessatori provvedimenti della corona (a cominciare dallo ship-money). Il re sciolse subito questo che fu detto il
Corto Parlamento, perché, convocato il 13 aprile 1640, fu dissolto meno di un mese dopo.
Nel mese di novembre dello stesso anno il re convocò, pensando forse di poterlo facilmente manipolare, quello che è passato alla storia come il
Lungo Parlamento, in quanto restò in carica fino al 1653. L'assemblea, capeggiata da John Pym e John Hampden, manifestò invece immediatamente una notevole combattività, rifiutò di collaborare con il sovrano e richiese la condanna a morte dei suoi principali collaboratori. Carlo I, privo di un esercito efficiente e dell'appoggio di un solido apparato burocratico, circondato da una corte in disfacimento, sprovvisto di prestigio personale, fu costretto a piegarsi. Il successo del Parlamento fu coronato da una raffica di provvedimenti che abolivano i tribunali speciali, vietavano nel modo più assoluto l'imposizione di nuovi tributi senza l'assenso parlamentare e l'arresto di sudditi senza processo, decretavano la fine delle persecuzioni religiose. Il primo ministro, conte di Strafford, fu messo a morte.
Nell'estate del 1641 la sconfitta del progetto assolutistico di Carlo I era evidente, ma la grandissima maggioranza del Parlamento era assolutamente lontana dall'immaginare la creazione di una repubblica. La situazione, invece, precipitò rapidamente. Lo stesso anno scoppiò in Irlanda una violenta insurrezione di contadini e proprietari cattolici, che massacrarono migliaia di coloni protestanti inglesi e scozzesi: il re fu sospettato di aver fomentato la rivolta per modificare il quadro politico e ottenere il reclutamento di un esercito di cui si sarebbe poi servito per schiacciare il Parlamento. La manovra sembrava confermata dai suoi tentativi - peraltro falliti - di trarre dalla propria parte gli scozzesi. Il Parlamento vedeva dunque messe in discussione non solo le vittorie ottenute nei dodici mesi precedenti, ma la sua stessa sopravvivenza. Fu allora presentata la cosiddetta Grande rimostranza che - oltre a ribadire le conquiste politiche ottenute dal Parlamento - chiedeva il controllo del reclutamento degli eserciti e delle nomine ministeriali.
L'atmosfera si surriscaldò: mentre il paese era inondato di libelli di denuncia contro le manovre di Carlo I, e i predicatori puritani eccitavano i fedeli con sermoni infuocati, il re tentò il colpo di Stato irrompendo nel Parlamento con una schiera di armati (4 gennaio 1642). L'insuccesso fu completo: i capi dell'opposizione riuscirono a fuggire e la cittadinanza londinese si scatenò in furiose manifestazioni di massa. Carlo I dovette abbandonare la capitale. Era l'inizio della guerra civile.
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