12.4 La seconda rivoluzione inglese e la monarchia costituzionale
La restaurazione degli Stuart in Inghilterra (1660) fu accompagnata dal tentativo di placare i contrasti politici e religiosi nel paese.
Carlo II emise a tal fine un Editto di indennità e perdono (in sostanza un'amnistia che cancellava i delitti contro la monarchia) e si limitò a punire con la morte i soli responsabili diretti dell'esecuzione di suo padre Carlo I. Non furono restituite ai realisti le terre confiscate durante la rivoluzione e la restaurata Chiesa anglicana vide ridotto il numero dei propri rappresentanti nella risuscitata Camera dei Lords. I non conformisti e i dissidenti (ossia quanti non si riconoscevano nell'anglicanesimo ristabilito con l'Atto di uniformità del 1662) furono perseguitati, ma mantennero un largo seguito negli ambienti cittadini e mercantili, soprattutto a Londra. Un'atmosfera di indifferentismo religioso si diffuse nel paese, come reazione al periodo precedente in cui le dispute confessionali avevano occupato il centro della vita intellettuale e civile. Questa atmosfera trovava riscontro anche nella mondanità della corte e nei costumi assai liberi di Carlo II.
Per oltre un decennio i poteri del re e del Parlamento rimasero in sostanziale equilibrio, ma nei primi anni '70 cominciarono ad emergere motivi di contrasto. Carlo II appariva troppo succube di Luigi XIV che era divenuto il suo modello politico e dal quale riceveva cospicui finanziamenti. Il Parlamento cercò di porre fine a questa dipendenza dalla Francia che sembrava favorire un ritorno dell'assolutismo, costringendo il re ad abbandonare l'alleanza francese (
12.3) e a firmare la pace con le Province Unite: più pericoloso del tradizionale nemico olandese appariva infatti il potente sovrano francese. Contemporaneamente aveva preso corpo il problema della successione: Carlo II non aveva figli legittimi e suo fratello Giacomo, erede designato, si era convertito al cattolicesimo e aveva sposato, in seconde nozze, una cattolica italiana. Vennero così votati dal Parlamento alcuni provvedimenti volti a ostacolare una ripresa dell'assolutismo e del cattolicesimo, due ipotesi indissolubilmente legate fra loro dal momento che i cattolici erano un'esigua minoranza nel paese (2% circa). Il Test Act del 1673 stabilì l'esclusione di tutti i non anglicani (e quindi in primo luogo dei cattolici, ma anche dei non conformisti) dalle cariche pubbliche: per i cattolici tale norma rimase in vigore fino al 1829. Nel 1679 una legge ribadì e definì ulteriormente il diritto di
Habeas corpus che tutelava i sudditi, e soprattutto gli avversari politici, dagli arresti arbitrari compiuti dall'esecutivo: il "corpo", ossia la persona, dell'arrestato doveva essere portato, in termini brevi e rigidamente prescritti, dinanzi a un giudice, che doveva convalidare o annullare l'arresto. Il principio, che nelle più antiche formulazioni risaliva alla Magna Charta ed era stato riaffermato anche dalla Petizione di diritti del 1628, costituì uno dei fondamenti delle libertà civili e politiche inglesi e sarebbe entrato come elemento costitutivo in tutti i successivi ordinamenti liberali e democratici.
Di difficile soluzione si rivelò alla fine degli anni '70 il problema della successione. Partigiani ad ogni costo della monarchia e avversari della successione cattolica diedero origine a due opposti schieramenti politici, rispettivamente dei
tories e dei
whigs. Denominatisi reciprocamente con termini in origine denigratori (tory era il nomignolo dei banditi cattolici irlandesi; whig quello di alcuni insorti presbiteriani scozzesi), ma destinati ad avere lunga fortuna col significato di conservatori e liberali, i due "partiti" - espressione entrambi della nobiltà terriera - furono caratterizzati in questa fase (ma
14.3) non solo da una diversa collocazione politica, ma anche da differenti e talora opposte scelte religiose ed economiche. I tories erano legati alla Chiesa anglicana e alla difesa del mondo rurale; i whigs erano invece gli interpreti degli interessi commerciali e fautori della libertà religiosa, e avevano anche l'appoggio delle minoranze non conformiste. Nel 1681 i tories, dopo una lunga e durissima battaglia politica, ebbero la meglio sui whigs che avevano proposto l'esclusione di Giacomo Stuart dalla successione. Alla morte di Carlo II, nel 1685,
Giacomo II (1685-88) poté salire al trono senza difficoltà. Ma l'insipienza e la mancanza di tatto del nuovo sovrano distrussero rapidamente il limitato consenso di cui godeva. Giacomo II adottò infatti una linea politica che minacciava non solo i diritti dei proprietari dei beni un tempo ecclesiastici, ma anche il clero anglicano, con l'ipotesi di una restaurazione "papista"; nominò dei cattolici alle cariche governative e intimorì il paese con un esercito permanente. Infine, la nascita di un erede maschio gli alienò anche quanti tolleravano il suo cattolicesimo in previsione del passaggio della corona a una delle figlie di primo letto, Maria o Anna, protestanti e sposate con protestanti.
Nel 1688 i whigs, con l'appoggio dei tories, si rivolsero a Guglielmo d'Orange (
12.3), marito di Maria Stuart (e figlio di una sorella di Giacomo II), perché intervenisse in difesa del protestantesimo inglese. Lo sbarco dello Stadhouder in Inghilterra (novembre) e la fuga di Giacomo II consentirono al Parlamento di offrire la corona inglese congiuntamente a Guglielmo e Maria. Il timore del ripetersi dei sanguinosi e laceranti conflitti di quarant'anni prima agì su tutte le forze politiche (e anche su Giacomo II) per favorire una soluzione pacifica. La
seconda rivoluzione inglese, la "gloriosa" rivoluzione della tradizione whig, vide l'installarsi (1689) di una monarchia costituzionale di nomina parlamentare, che trovò nel Bill of Rights (Bill dei diritti: p. 300) il suo testo fondamentale. Accettando il Bill of Rights, Guglielmo e Maria riconoscevano le prerogative del Parlamento e i limiti posti al potere monarchico, ossia i due elementi che definiscono un regime costituzionale, caratterizzato essenzialmente dal "dualismo" di re e Parlamento.
In un quadro teorico ispirato alle teorie contrattualistiche di Locke (
11.6) e alla sua definizione della divisione dei poteri, il Parlamento diede, negli anni successivi, altri - e forse più decisivi - contributi alla formazione del sistema politico inglese (che, come è noto, non possiede una costituzione intesa come un testo unitario). Nel 1694 fu fissata la durata triennale della Camera dei Comuni che privava il re della facoltà di scioglierla arbitrariamente; tra il 1695 e il 1697 furono eliminati i vincoli alla libertà di stampa; infine, nel 1701, con l'Act of Settlement (p. 301) fu stabilita l'esclusione dalla successione dei discendenti di Giacomo II, a favore della Casa di Hannover (
14.2), e introdotta esplicitamente la norma che il sovrano doveva "essere in comunione con la Chiesa d'Inghilterra". Né va dimenticato il Toleration Act del 1689 che aveva concesso la libertà religiosa ai dissidenti, pur mantenendo il principio del giuramento alla Chiesa anglicana, previsto dal Test Act, per l'assunzione alle cariche pubbliche. L'epoca dei grandi conflitti religiosi giungeva così alla fine. Nei ceti colti si venne diffondendo la concezione di una religione naturale (
11.6), mentre la diminuzione delle pratiche di culto (le comunioni pasquali diminuirono del 50% e oltre, negli ultimi anni del secolo) testimoniava di una più vasta trasformazione delle mentalità (
15.2).
Alla fine del '600 l'Inghilterra conobbe un'altra rivoluzione di decisiva importanza per la trasformazione del paese: la cosiddetta
rivoluzione finanziaria che ebbe nella fondazione della Banca d'Inghilterra, del 1694, il suo momento centrale. La Banca d'Inghilterra, che era una privata società per azioni, ebbe dal Parlamento la facoltà di emettere cartamoneta, di svolgere funzioni di tesoreria per lo Stato, di riconiare e dare quindi stabilità alla moneta metallica. Ma divenne soprattutto il canale privilegiato di raccolta della ricchezza privata, consentendo da un lato ai risparmiatori di investire nel debito pubblico con la garanzia della stabilità e della certezza del credito, dall'altro al governo di trovare i capitali necessari per finanziare le guerre all'estero. Guerre che avranno sempre più, accanto a quelli politici, obiettivi commerciali; guerre che, per oltre un secolo, impegneranno l'Inghilterra contro la Francia per la supremazia mondiale.
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