8.4 La Francia
Chiusa con l'editto di Nantes la sanguinosa serie delle guerre di religione, Enrico IV si dedicò alla riorganizzazione della macchina statale e al perfezionamento dell'opera di pacificazione. Il suo ministro per gli affari economici, duca di Sully, portò in pareggio il bilancio dello Stato attraverso il taglio delle spese superflue, il recupero delle terre demaniali e l'intensificazione della vendita delle cariche pubbliche, un affare reso più lucroso dall'istituzione della paulette, una speciale tassa annuale che rendeva di fatto ereditari gli uffici acquistati. Le cariche erano particolarmente ambite non solo per i redditi che assicuravano, ma anche perché comportavano l'acquisizione della nobiltà, la nobiltà di toga distinta dall'antica nobiltà di spada. Sully si prodigò anche nel tentativo di rianimare la vita economica nazionale: i contadini godettero di sgravi fiscali consistenti, mentre venivano avviate vaste opere di bonifica e miglioramenti della rete stradale per favorire la circolazione dei prodotti agricoli. Un altro ministro di Enrico IV, Barthélemy Laffemas, promosse l'istituzione di manifatture regie e introdusse misure protezionistiche per impedire che la Francia esportasse materie prime e metalli preziosi e importasse prodotti manufatti. Nel settore della politica estera il re indirizzò i suoi sforzi a isolare la potenza asburgica, sollecitando l'alleanza delle Province Unite e dei regni dell'Europa settentrionale.
Nel 1610 Enrico IV, il sovrano ex protestante, fu ucciso da un fanatico cattolico. Gli succedette il figlio, il piccolo
Luigi XIII (1610-43), al posto del quale esercitò il potere la madre, l'italiana
Maria dei Medici. La scomparsa del sovrano, accompagnata dallo scontento per lo strapotere esercitato dal favorito della regina, l'avventuriero italiano Concino Concini, riaccesero la turbolenza degli ugonotti e l'irrequietezza della grande nobiltà. Lo stesso equilibrio internazionale fu sconvolto dall'inversione di rotta della reggente, che da fervente cattolica si orientò decisamente in senso filospagnolo.
Nel 1614, in una situazione di grave conflittualità interna, furono convocati gli Stati generali (fu l'ultima volta fino al 1789). In questa assemblea avrebbero dovuto comporsi i dissidi. Essa si trasformò invece in un'arena in cui si affrontarono i nobili e i rappresentanti della borghesia burocratica e imprenditoriale: i primi contrari all'ereditarietà degli uffici; i secondi agli abusi degli aristocratici e alla reimposizione dei diritti feudali.
Nel 1617 Luigi XIII fece assassinare Concini e si riappropriò del pieno esercizio del potere, malgrado la tenace opposizione della madre. Al suo fianco era il cardinale di
Richelieu (1585-1642), che dal 1624 sarebbe diventato il capo del Consiglio del re. Richelieu intraprese una vera e propria offensiva in grande stile, volta al rafforzamento del potere monarchico. Nel 1625 attaccò le piazzeforti ugonotte, la cui autonomia appariva sempre più incontrollabile, e nel giro di pochi anni le sottomise. L'ultimo caposaldo, La Rochelle, cadde nel 1628 dopo un lungo e sanguinoso assedio. L'anno dopo l'Editto di grazia sancì la libertà di culto dei protestanti e, insieme con essa, il disfacimento del loro apparato politico-militare. Parallelamente fu condotta un'azione decisa contro quegli esponenti della grande nobiltà che tramavano per ristabilire i loro antichi privilegi e facevano riferimento a Maria dei Medici e al fratello del re, Gaston d'Orléans: alcuni nobili furono giustiziati, mentre Maria fu mandata in esilio.
Richelieu esaltò inoltre il ruolo dei funzionari alle dirette dipendenze della corona (di origine borghese e nobili di toga, tratti dai gradi inferiori della magistratura) che, con la carica di commissari regi o di intendenti (cariche non venali) accentrarono nelle loro mani l'amministrazione delle province sostituendosi ai governatori di origine aristocratica.
L'unico problema che il cardinale non riuscì a risolvere fu quello delle agitazioni popolari, che esplosero nella fase di partecipazione della Francia alla guerra dei Trent'anni, soprattutto a causa dell'eccessivo fiscalismo regio: un segno evidente che l'equilibrio sociale faticosamente ricostruito da Richelieu era fragile, perché fondato più sulla forza del governo centrale che su un'armonica compensazione delle esigenze espresse dai diversi ceti.
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