1.9 I mezzi della conquista
La facilità con cui il Nuovo Mondo cadde nelle mani dei conquistatori non ha mancato di stupire gli storici: come mai poche migliaia di uomini riuscirono in pochi anni a sottomettere milioni di indigeni, a conquistare terre sconfinate, a rapinare ricchezze immense? Non c'è dubbio che i portoghesi e gli spagnoli potevano contare su un armamento decisamente superiore: armi da fuoco leggere e pesanti, spade d'acciaio, balestre, cani feroci addestrati alla guerra, cavalli. Tuttavia la superiorità militare non basta, da sola, a spiegare il successo dei conquistatori. A favore di questi ultimi giocarono anche alcune circostanze politiche particolarmente propizie: le popolazioni sottomesse dagli aztechi o dai maya (
1.5 e
1.6) decisero infatti ben presto di sottrarsi al vecchio giogo e passarono dalla parte dei nuovi e più potenti padroni. Proprio quest'ultima considerazione ci fa comprendere il ritardo della conquista nel Cile centro-meridionale, in Argentina, nel Messico settentrionale: tutte regioni in cui una popolazione indigena compatta trovò il modo di organizzare una resistenza efficace allo straniero. In alcuni casi questa resistenza durò addirittura fino ai primi decenni del nostro secolo.
Le conquiste furono mantenute per mezzo di massacri e decimazioni, mentre le epidemie distruggevano intere comunità. Gli europei provocarono nelle Americhe un vero e proprio trauma biologico, uno
shock microbico, introducendo virus e malattie sconosciute, contro le quali gli indigeni non avevano alcuna immunizzazione; non solo il vaiolo, ma anche malattie che in Europa erano considerate relativamente banali (l'influenza, il morbillo, ecc.) si trasformarono nel Nuovo Mondo in terribili flagelli. Il lavoro coatto - soprattutto quello svolto nelle miniere e in regioni malsane - fece il resto. Le conseguenze della conquista su una delle prime terre toccate da Cristoforo Colombo, Santo Domingo, furono descritte con una impressionante lucidità, alcuni decenni dopo, da Fernando de Oviedo, uomo di corte al servizio della monarchia spagnola. Il suo racconto resta una testimonianza preziosa:
L'ammiraglio Colombo quando scoprì quest'isola Hispaniola vi trovò un milione di indiani e di indiane [...] di tutti i quali, e di quelli che sono nati dopo, io credo che non ve ne siano affatto viventi, nel presente anno 1535, cinquecento persone sia piccoli che grandi, che siano naturali, legittimi e della razza dei primi indiani. [...] Taluni fecero lavorare gli indiani in modo eccessivo; gli altri non diedero loro da mangiare così bene come conveniva. E, per di più, gli uomini di questo paese sono per natura così oziosi, viziosi, di poco lavoro, melanconici, codardi, sudici, di cattiva condizione, mentitori, di nessuna costanza e fermezza. [...] Molti di loro, per proprio piacere e passatempo, si fecero morire di veleno, per non lavorare affatto. Altri s'impiccarono con le proprie mani. E agli altri sopravvennero malattie tali che in breve tempo gli indiani morirono. [...] Da parte mia, io credo piuttosto che nostro Signore ha permesso, per i grandi, enormi, abominevoli peccati di queste genti selvagge, rustiche e bestiali, che essi fossero gettati via e banditi dalla superficie della terra.
La conquista non si limitò a sostituire vecchi padroni con nuovi padroni: da essa ebbe origine un rapido e inarrestabile processo di
destrutturazione, che sconvolse l'organizzazione sociale, il sistema produttivo, i modi di vita, la cultura delle popolazioni indigene. Per i conquistatori gli indigeni erano energia da consumare come il legno o il carbone: nelle miniere e nei campi si lavorava a ritmi insostenibili, che stroncavano i lavoratori in breve tempo. Intere popolazioni morirono dopo essere state trasportate senza nessuna precauzione da regioni fredde a regioni calde, e viceversa. Il consumo di bevande alcooliche, che prima dell'arrivo degli europei era severamente vietato dalle autorità locali, dilagò senza freni, mentre le malattie importate dal Vecchio Mondo mantenevano il loro carattere epidemico e mortale tra individui non immunizzati. Questo complesso di fattori negativi provocò un
crollo demografico senza precedenti nella storia dell'umanità: tra il 1492 e il 1620 gli abitanti del Messico scesero da 25 milioni circa ad appena 2 milioni.
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