15. La società di ancien régime
15.1 Demografia e strutture familiari
Con
ancien régime ("antico regime") si indica il sistema politico esistente in Francia prima della rivoluzione del 1789. Coniata dagli stessi rivoluzionari francesi a partire dal 1790 ed estesasi in seguito a tutti gli aspetti della vita economica e sociale europea, l'espressione ancien régime è divenuta sinonimo di società tradizionale, preindustriale, anteriore cioè a tutti i fenomeni di modernizzazione economica e politica determinati dalla rivoluzione industriale e dalla rivoluzione francese. Dal momento che tale modernizzazione ebbe tempi assai lunghi, numerose sopravvivenze dell'ancien régime (nelle strutture produttive come nei modi di vita e nelle mentalità) hanno accompagnato questa lunga transizione ben dentro il secolo XIX e anche oltre.
Considerata tendenzialmente immobile o con andamenti ciclici di progresso e regresso, la società di ancien régime subì in realtà nel corso del '700 alcune profonde trasformazioni. Il fenomeno più ampio e rilevante - investì tutta l'Europa - fu l'avvio di una
crescita demografica che non si sarebbe più interrotta (salvo ridursi considerevolmente nel secolo XX).
Fra il 1700 e il 1800 in Europa la popolazione passò da 118 a 193 milioni di abitanti con un incremento del 66%. L'aumento demografico nel '700 non fu tuttavia soltanto un fenomeno europeo, ma riguardò tutto il mondo: particolarmente significativo quello dell'America settentrionale, dove superò il 1000%, in virtù anche di una intensa immigrazione. Nello stesso periodo la popolazione inglese (più correttamente: dell'Inghilterra e del Galles) passò da 5.826.000 a 9.156.000 (1801); quella francese da 22 a 29 milioni; in Italia dai 13 circa si giunse a quasi 18 milioni. Il tasso percentuale fu tuttavia molto diverso: si va dal 57% per l'Inghilterra, al 32% per la Francia e al 35% per l'Italia (ma nel Meridione l'incremento fu del 47%). Molto rilevante fu l'aumento nel Centro e nell'Est europeo, in particolare in Ungheria, nella Prussia orientale, ma soprattutto in Russia dove la crescita media fu del 70% circa tra il 1724 e il 1796.
Oltre all'immigrazione (spesso agevolata dai governi), che fu decisiva in molte zone dell'Europa orientale, quali furono le ragioni di questo rilevante incremento? Gli storici e i demografi non sono in grado di dare risposte univoche: in molte regioni si ridusse la mortalità, in altre questa riduzione fu accompagnata dall'incremento della natalità. In Francia, alla fine del secolo, il decremento della mortalità fu affiancato da quello della natalità, ma le vicende francesi costituirono un caso sostanzialmente anomalo (
15.2). Vi fu sicuramente una diminuzione della mortalità catastrofica dovuta a epidemie, guerre e carestie.
Quello che appare certo è che nel corso del XVIII secolo, con tempi e modi diversi, si interruppe l'andamento ciclico della demografia di ancien régime caratterizzata dal rapporto e dalla dipendenza reciproca fra popolazione e risorse. Questo andamento, che poteva durare pochi anni o avere invece una estensione secolare, vedeva l'aumento naturale della popolazione scontrarsi con la progressiva diminuzione delle risorse pro-ca-pite: l'agricoltura infatti non era in grado di soddisfare la crescita della domanda se non con la messa a coltura delle terre marginali (che offrono rese produttive molto basse). L'impoverimento della dieta alimentare diminuiva la resistenza degli organismi agli agenti patogeni, li rendeva più vulnerabili alle epidemie e alle malattie in genere. L'aumento della mortalità riduceva la popolazione che tornava così in equilibrio con le risorse disponibili: e il ciclo poteva ricominciare.
Una lucida descrizione del rapporto risorse-popolazione fu offerta nel 1798 dal Saggio sul principio di popolazione dell'economista inglese
Thomas Robert Malthus (1766-1834), che definì anche la "legge" secondo la quale mentre la popolazione aumentava con una progressione geometrica (1, 2, 4, 8, 16, 32...), le risorse si sviluppavano invece con una progressione aritmetica (1, 2, 3, 4, 5, 6...: p. 393). La preoccupazione di Malthus era quella di porre dei freni all'incremento naturale della popolazione (si chiameranno in seguito malthusiane le politiche di controllo della natalità). Ma, proprio nel momento in cui Malthus scriveva, le difficoltà alimentari derivanti da un eccesso di popolazione cominciavano a essere superate dallo sviluppo economico in generale e da quello agricolo in particolare: il miglioramento dei raccolti, della distribuzione e delle capacità di approvvigionamento resero sempre meno frequente, pur senza abolirla del tutto, l'eventualità dell'insorgere di carestie.
Alcuni storici ritengono tuttavia che il meccanismo che regolò l'andamento demografico prima del boom settecentesco fu più complesso di quello derivante dal solo rapporto con le risorse. Le popolazioni dell'ancien régime si erano adattate nel corso dei secoli alle difficoltà alimentari e ambientali; per gran parte dell'Europa questa autoregolamentazione era determinata da due fattori strettamente collegati: la disponibilità di un posto di lavoro (podere o bottega artigiana) e il matrimonio tardivo. Non si dava inizio a un nuovo legame matrimoniale senza una concreta possibilità di lavoro e quindi il matrimonio era generalmente ritardato: gli uomini si sposavano tra i 27 e i 28 anni, le donne tra i 25 e i 26. Dal momento che la procreazione illegittima era tutto sommato modesta, questa "sottrazione" di 6-8 anni alla naturale fecondità femminile si traduceva in una limitazione delle nascite. Il matrimonio tardivo, comunque, non riguardava la nobiltà o la borghesia e fu soprattutto prerogativa dell'Europa centroccidentale: in quella mediterranea le nozze erano invece molto più precoci.
L'abbassamento dell'età matrimoniale nel '700 fu uno dei segni che il comportamento demografico stava cambiando. Ciò fu particolarmente significativo in Inghilterra, l'unico paese per il quale sia stata finora ricostruita in modo persuasivo (con un'analisi amplissima dei registri parrocchiali) la sequenza causale che portò all'aumento della popolazione nel XVIII secolo e soprattutto dopo il 1740. Fu il tasso di natalità ad aumentare in rapporto a matrimoni più numerosi e soprattutto più precoci, dipendenti a loro volta dal miglioramento generale dell'agricoltura e delle possibilità di trovare occupazione.
Le cose non sono altrettanto chiare per gli altri paesi europei; né giovano alla ricostruzione delle vicende demografiche le impressioni degli scrittori del '700, colpiti piuttosto da quella che sembrava - erroneamente - una diminuzione della popolazione: si trattava forse di considerazioni fondate sull'osservazione della lunga fase stagnante del secolo XVII e giustificate dalla difficoltà che ogni mutamento ha di farsi strada nella coscienza dei contemporanei. L'assenza di censimenti attendibili, che iniziarono ad essere tenuti regolarmente solo nel secolo successivo (ma dopo il grande esempio fiorentino del 1427, rilevazioni e stime furono spesso effettuate in vari paesi europei, con la Svezia all'avanguardia), impedisce ai demografi storici ricostruzioni sicure e soprattutto l'individuazione di cause certe.
Non meno problematico è stabilire un nesso preciso tra lo sviluppo demografico e il miglioramento delle condizioni ambientali, igieniche, climatiche, ecc. In questo campo non pare possibile per ora giungere a valutazioni accurate e generalizzate; forse non si può andare oltre la considerazione, in verità un po' scontata, che un diffuso anche se moderato sviluppo economico ha portato con sé anche migliori condizioni di vita. Ma i tempi, i modi, i nessi e le sequenze di questa trasformazione rimangono privi di una spiegazione convincente.
Non è affatto chiaro perché la peste cominciò ad allontanarsi dall'Europa nel '700 (ma Marsiglia fu ancora colpita nel 1720-23 e Messina nel 1743). Alcuni attribuiscono questa scomparsa al prevalere del ratto delle chiaviche (o surmolotto) sul ratto nero portatore della pulce, principale diffusore del microrganismo della peste, altri alle maggiori capacità di isolare i focolai epidemici, o a un'aumentata resistenza degli organismi umani. Nello stesso periodo, mentre la peste declinava, il vaiolo ebbe il primato di pericolosità, né si attenuarono le altre tradizionali malattie endemiche come il tifo, la dissenteria, e le varie forme influenzali. La maggiore organizzazione ospedaliera non ridusse la mortalità, probabilmente anzi la accrebbe, in quanto i luoghi di cura accentuavano le probabilità di infezione e contagio. L'inoculazione antivaiolosa, a cui si ricorreva nel '700, fu spesso letale e, fino alla scoperta di Edward Jenner sull'efficacia della vaccinazione effettuata con i germi del vaiolo vaccino (1796), l'unico rimedio sicuro fu il controllo del contagio.
Lo sviluppo demografico fu più intenso nelle città che nelle campagne, e riguardò le zone di più antica urbanizzazione dell'Europa occidentale e meridionale, ma soprattutto le capitali e le città portuali.
Londra,
Parigi e
Napoli erano, nell'ordine, le maggiori città europee. Le stime della popolazione parlano di una crescita, nel corso del secolo, da 700.000 a 950.000 abitanti per Londra, da 215.000 a oltre 400.000 per Napoli. Parigi alla fine del '700 contava 550-600.000 abitanti.
Parigi e soprattutto Londra erano città multifunzionali: al ruolo di capitali con funzioni politiche e amministrative univano quello di città manifatturiere, artigianali, commerciali e finanziarie. In più Londra, completamente rinnovata dopo il terribile incendio del 1666, aveva un attivissimo porto sul Tamigi. Prevalentemente burocratiche e militari erano le due maggiori capitali dell'Europa centrale, Vienna e Berlino, che alla fine del secolo contavano rispettivamente oltre 250.000 e 140.000 abitanti. Grande sviluppo ebbero i porti sull'Atlantico e il Mare del Nord: in Francia, prima Nantes, che dominava il traffico degli schiavi, poi Bordeaux, che fra il 1770 e il 1780 giunse a controllare il 25% del commercio estero francese; in Inghilterra, Bristol e Liverpool, passata quest'ultima dai 12.000 abitanti degli inizi del secolo ai 78.000 del 1801.
L'aumento della popolazione illumina soltanto un aspetto della struttura demografica, quello delle variazioni quantitative di lungo periodo. Vi sono altri aspetti che rendono particolarmente significativa la differenza fra la società di ancien régime e la realtà contemporanea, ad esempio quelli relativi alla composizione della famiglia e alla consistenza numerica dei domestici e del clero.
Nell'età preindustriale la famiglia era l'unità produttiva-base tanto nel mondo rurale che nelle attività artigianali e nell'industria rurale (
15.5). Per questa epoca molti storici e sociologi - a partire dal secolo scorso - hanno sostenuto l'esistenza di una tipologia dominante, costituita dalla
famiglia estesa o
allargata, in cui convivono almeno tre generazioni (nonni, genitori e figli) insieme ad altri parenti e affini. Questo tipo di composizione familiare era favorito soprattutto da un sistema successorio fondato sulla trasmissione della proprietà indivisa ad un unico erede. Posteriore alla rivoluzione industriale e all'incremento dell'urbanizzazione sarebbe invece la
famiglia nucleare o
coniugale, formata dai soli genitori e figli. Studi più recenti hanno dimostrato invece che la famiglia nucleare era già largamente presente nell'Europa nordoccidentale, e in particolare in Inghilterra, mentre a sud della Loira, nel mondo mediterraneo e nell'Europa orientale era prevalente la famiglia estesa, struttura che si sarebbe mantenuta anche quando - dopo il Codice civile napoleonico (
20.1) - si impose ovunque il sistema successorio di divisione della proprietà. È stata sottolineata infine l'estrema varietà della composizione familiare in rapporto alle esigenze e alle dimensioni della "azienda" produttiva, podere agricolo o bottega artigiana. La famiglia estesa era comunque tipica dei ceti nobiliari, sia della piccola come, a maggior ragione, della grande nobiltà.
Presenti in ogni tipo di struttura familiare, in diretto rapporto con i livelli di ricchezza, erano domestici e servi, mentre nelle famiglie artigiane convivevano spesso apprendisti e garzoni senza legami di consanguineità. Piuttosto che di famiglia si parla in questi casi di
aggregato domestico (household in inglese, ménage in francese) per indicare tutti i conviventi in un'unica casa. Si è calcolato che la percentuale degli addetti ai servizi domestici oscillasse tra il 7% e il 10% della popolazione totale con le punte più alte nelle città. A Vienna, verso il 1790, i servitori erano 40.000 su circa 250.000 abitanti.
Nei paesi cattolici un'aliquota importante della popolazione era rappresentata dal clero che in alcune città dell'area mediterranea superava il 5%. Preti, frati e monache erano il 3% nell'Italia del '700. Come vedremo (
16.5) la riduzione del clero, soprattutto di quello parassitario e contemplativo, fu uno degli obiettivi dei riformatori illuminati.
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