1.5 Gli aztechi
Quando la prima nave europea approdò sulle coste del nuovo continente, la popolazione dell'America centrale e meridionale era di circa 80 milioni. Alcune tra le civiltà locali, pur essendo tecnologicamente quasi all'età della pietra, presentavano forme di organizzazione politica ed economica alquanto evolute, una cultura per tanti aspetti raffinata, uno sviluppo urbano intenso: la capitale azteca Tenochtitlan, con i suoi 300.000 abitanti, era tra le città più grandi del mondo.
Verso l'anno 1000 d.C. gli aztechi erano una popolazione nomade che percorreva le pianure semidesertiche del Messico settentrionale e le steppe sud-occidentali del Nordamerica; da questi luoghi inospitali essi si spinsero verso l'altopiano del Messico, una regione dal clima temperato e abitata da popolazioni di sedentari che praticavano l'agricoltura da almeno 4000 anni. Qui gli aztechi fondarono, nel 1325 o nel 1345, la loro capitale Mexico-Tenochtitlan. Appena un secolo dopo, nel 1428, incominciò la loro inarrestabile ascesa, che li portò a sottomettere una per una le comunità della regione e a organizzare un vasto impero che si estendeva su quasi tutto il Messico, dall'Atlantico al Pacifico, e su parte del Guatemala.
L'impero azteco, organizzato in decine di distretti, era dominato da un potere centrale molto forte, impersonato dal re; quest'ultimo era affiancato da un nutrito apparato amministrativo e da un consiglio supremo dotato di funzioni amministrative e giudiziarie. Le cariche civili e religiose erano riservate alla nobiltà; gli appartenenti a questa casta ereditaria erano inoltre gli unici a possedere privatamente la terra; i contadini la ricevevano invece in usufrutto dalla comunità. I mercanti e gli artigiani rappresentavano un ceto intermedio di privilegiati e si trasmettevano il mestiere di padre in figlio. Alla base di questa piramide sociale stavano i servi e gli schiavi (prigionieri di guerra o colpevoli di delitti gravi).
Gli aspetti materiali della cultura azteca presentano alcune singolari "contraddizioni". Questo popolo, per tanti aspetti molto raffinato, non conosceva per esempio l'applicazione pratica della ruota, che pure era presente nei giocattoli dei bambini; non conosceva nemmeno gli utensili di metallo, nonostante che l'oro e il rame, importati dal Perù fin dal XIII secolo, fossero molto usati in oreficeria (i capolavori dell'oreficeria azteca sono purtroppo conosciuti in rarissimi esemplari, dal momento che i conquistatori spagnoli avevano l'abitudine di fonderli in lingotti).
L'architettura delle città azteche, in particolare la capitale Tenochtitlan affascinò gli europei per l'ordine dell'impianto, la cura e l'eleganza dei palazzi, le splendide piramidi. L'arte azteca raggiunse però i suoi livelli massimi nella scultura, che rivela un gusto particolare per i volumi pieni e le dimensioni monumentali.
Grande importanza nella vita azteca avevano la musica e la danza, eseguite da una casta di specialisti; essi erano istruiti con una disciplina severissima nella "dimora del canto" e un loro minimo errore durante una cerimonia sacra era punito con la morte. La religione permeava infatti drammaticamente la vita privata e collettiva di quel popolo.
La concezione azteca del mondo era dominata da una autentica ossessione della precarietà cosmica. Quattro "soli" avevano preceduto l'età moderna e per quattro volte l'umanità aveva subito terribili cataclismi che l'avevano annientata: la prima volta era stata divorata dai giaguari, la seconda era stata trasformata in scimmie da un vento magico, la terza era stata sommersa da una pioggia di fuoco, la quarta dal diluvio. Per ritardare l'avvento della quinta catastrofe non restava altro che nutrire di sangue umano il Sole, signore della Terra, celebrando periodicamente sacrifici umani.
Questa angosciosa concezione del mondo si univa alla convinzione che la vita di ogni uomo fosse rigorosamente predestinata, giorno dopo giorno, in ogni particolare. Essa era scritta nel libro dei destini, un complicatissimo calendario di 260 giorni che veniva letto e interpretato da un indovino specializzato. L'osservanza di questo calendario era fondamentale per gli aztechi e chi non si adeguava alle regole prefissate (non solo vivere in un certo modo, ma anche morire in un certo modo) finiva in quello che può essere definito l'"inferno" azteco: il Miotlán, l'ultimo dei nove mondi che stanno sotto la terra.
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