13.6 Gli europei in Asia
Fino al XIX secolo il solo vero dominio coloniale che gli europei riuscirono a costituire in Asia fu quello spagnolo sulle Filippine; per il resto la presenza dell'Europa in Oriente fu soprattutto di carattere commerciale, con piccole basi di appoggio, depositi per le merci, scali fortificati disseminati lungo le coste e nei punti strategici delle rotte commerciali.
Nell'Oceano Indiano il XVII e il XVIII secolo videro avvicendarsi l'egemonia commerciale prima dei portoghesi, poi degli olandesi e infine degli inglesi che, a lungo contrastati dalla Francia, rimasero infine i dominatori dei traffici orientali. Già nel '500 il Portogallo si era appropriato di quel commercio orientale delle spezie, che per secoli era stato organizzato e controllato dagli arabi, tradizionali mediatori tra l'Occidente e l'Estremo Oriente. Sfruttando le basi commerciali già esistenti, i portoghesi diedero vita, tra la fine del XVI e la prima metà del XVII secolo, ad un impero economico di notevoli dimensioni: basti pensare che il portoghese fu la lingua franca del commercio marittimo in Asia anche molto tempo dopo la scomparsa dei mercanti portoghesi dai mari orientali. La vastità e la complessità dei traffici portoghesi era dovuta anche alla scarsità di merci europee da scambiare, cosicché i mercanti di Lisbona dovettero organizzare una fitta rete di traffici ausiliari sui mercati asiatici, scambiando ad esempio le sete cinesi con il rame giapponese. Tale tendenza fu proseguita e rafforzata dagli olandesi e dagli inglesi che, affacciatisi su quei mari all'inizio del '600, avevano via via soppiantato l'egemonia portoghese. I traffici divennero ulteriormente articolati: le sete indiane trovarono un mercato favorevole in Giappone e lo zucchero giapponese poté essere venduto con gran profitto in Persia, mentre cresceva costante in Europa la domanda dei tessuti indiani (
13.3), in particolare del cotone, che era particolarmente economico.
Verso la metà del '600 la
Compagnia Olandese delle Indie orientali (VOC: Vereenigde Oostindische Compagnie) costituiva la più significativa presenza europea in Asia. I mercanti olandesi riuscirono a impadronirsi delle Molucche, le favolose isole delle spezie, della Malacca, di buona parte dell'arcipelago indonesiano, di Sumatra e di Giava dove, a Batavia (Jakarta), avevano fissato la capitale del loro impero commerciale. Da lì, per quasi mezzo secolo, gli olandesi furono padroni del traffico delle spezie, in particolare della noce moscata e dei chiodi di garofano, dei quali riuscirono ad ottenere il monopolio assoluto distruggendo le coltivazioni delle isole che non potevano controllare.
In Indonesia gli agenti della VOC agivano come rappresentanti dello Stato olandese: potevano stipulare contratti, prendere possesso di territori con diritto di sovranità, costruire fortezze, armare un esercito e dichiarare guerra. Fuori dall'arcipelago, in quelle zone che, come l'India, non erano sotto il diretto controllo della Compagnia, il buon andamento degli affari dipendeva esclusivamente dalla capacità degli agenti di mantenere relazioni amichevoli con le autorità locali: gli olandesi infatti erano più interessati ai profitti che alle conquiste territoriali o al dominio politico dei paesi con i quali intrattenevano rapporti commerciali, anche se, per mantenere i loro monopoli, dovettero spesso ricorrere alle armi, soprattutto per scoraggiare i rivali europei.
Anche l'inglese
Compagnia delle Indie orientali (EIC: East India Company) adottò a lungo la politica accorta degli olandesi, evitando di entrare in conflitto con le autorità dei paesi nei quali operava. Solo molto tardi, verso la fine del XVIII secolo, la Compagnia inglese s'intromise nella politica interna degli Stati indiani per contrastare la crescente potenza commerciale della Francia. Molto meno ricca della concorrente olandese la EIC aveva concentrato i propri interessi sulla costa orientale dell'India, una zona che gli olandesi, impegnati in Indonesia, avevano trascurato. Vennero installati a Surat e a Madras centri commerciali che diedero ottimi profitti; l'attività venne estesa al Bengala e alla costa del Malabar dove si cercò di riprendere il traffico del pepe. Il risultato più importante per la Compagnia fu però l'acquisizione di Bombay (1665), fondamentale punto di incontro dei commerci della costa occidentale indiana. Anche gli agenti della EIC godevano di alcuni fondamentali diritti concessi loro dal sovrano, ma non possedevano a differenza degli olandesi, alcun potere militare e diplomatico. Questa situazione causò, intorno agli anni '60 e '70 del '600, non pochi problemi ai mercanti inglesi, i cui interessi vennero spesso messi in pericolo dalla sempre più grave anarchia dovuta all'indebolimento del potere moghul: nel 1672, ad esempio, il khan del Bengala poté esigere ed ottenere che la Compagnia pagasse un dazio supplementare oltre a quello pattuito con le autorità centrali. Proprio la coscienza della propria vulnerabilità convinse i direttori della Compagnia ad abbandonare la politica pacifica fino allora perseguita e a difendere gli interessi inglesi con le armi.
L'Inghilterra importava dall'Oriente tè, caffè, salnitro, ma soprattutto tessuti: sete, cotoni, broccati, calicò. Anche l'Olanda e la Francia importavano grossi quantitativi di tessuti indiani e ciò non mancò di preoccupare i produttori europei di seta, di lana e di lino, che vedevano la loro attività seriamente minacciata dalla produzione indiana. I prodotti europei erano scarsi e non interessavano il mercato asiatico; le stoffe indiane, il caffè e le spezie dovevano essere pertanto pagati in contanti, provocando così un deflusso di metalli preziosi assai dannoso per le economie nazionali. Questo atteggiamento nei confronti del commercio con l'estero provocò una serie di provvedimenti protezionistici tesi a favorire i produttori europei (in Francia, ad esempio, nel 1686 fu vietato d'indossare tessuti indiani). Nonostante queste opposizioni, sia l'Olanda che l'Inghilterra (e più tardi, sebbene in misura ridotta, anche la Francia) furono sempre più impegnate nell'esportazione di prodotti orientali verso l'Occidente.
Nel corso del XVIII secolo la EIC andò via via consolidando la sua posizione, fino a diventare più potente della Compagnia Olandese delle Indie orientali. A contrastare il predominio inglese in India restava ora soltanto la Francia. La penetrazione francese nel subcontinente indiano - iniziata nel 1673 con la cessione alla
Compagnia Francese delle Indie orientali del villaggio di Pondichéry, non lontano da Madras - fu fieramente contrastata dai concorrenti europei. Dopo una lunga serie di azioni di disturbo, gli olandesi, appoggiati dagli inglesi, occuparono nel 1693 la base di Pondichéry, che venne tuttavia restituita alla Francia quattro anni più tardi. La politica francese in India rimase per molto tempo di carattere esclusivamente commerciale, tesa cioè semplicemente a difendere le proprie filiali dagli attacchi olandesi e inglesi e ad espandersi nel contempo nei vari mercati. Solo verso la metà del '700 il governatore di Pondichéry, Joseph Dupleix, tentò di costituire un vero e proprio impero coloniale, mettendosi immediatamente in contrasto con l'Inghilterra. Dupleix sperava di poter sfruttare a proprio favore le rivalità interne ai vari Stati indiani per cacciare gli inglesi da Madras e per allargare i domini territoriali francesi. Gli inglesi in un primo tempo si limitarono a finanziare i possibili nemici della Compagnia Francese, ma in seguito anch'essi mobilitarono un discreto esercito composto per lo più di elementi indiani.
Lo scontro tra le due potenze durò per più di vent'anni, e fin dall'inizio delle ostilità, apertesi in occasione della guerra di successione austriaca (1740-48:
14.2), fu chiaro che il dominio sul mare sarebbe stata la carta vincente del conflitto. Il sogno di Dupleix fallì tuttavia non sotto il peso delle vittorie inglesi, bensì a causa dell'incomprensione dimostrata in patria verso i suoi piani. Dopo una breve tregua, le ostilità ripresero durante la guerra dei Sette anni (1756-63:
14.2), ancora una volta a causa di avvenimenti sostanzialmente estranei alla rivalità delle due potenze in India. Dopo una serie di scontri, che videro la potenza navale britannica sovrastare le forze francesi, gli inglesi posero l'assedio a Pondichéry e la conquistarono (1761). La Francia sconfitta dovette abbandonare il Bengala. Rimasta sola a dominare il commercio con l'India la Compagnia delle Indie orientali avocò a sé, dopo il 1764, l'amministrazione del Bengala e del Bihar, trasformando così quello che fino ad allora era stato un dominio commerciale in un vero e proprio possedimento coloniale. Veniva però a verificarsi una situazione anomala: ad avere il dominio su territori così vasti e popolosi erano i funzionari di una società commerciale privata, che misero in atto un sistema di governo basato su diffusi fenomeni di sfruttamento e di corruzione. Solo dopo la metà del secolo XIX la corona britannica avrebbe assunto il controllo diretto dell'India.
Alla fine del secolo XVIII, i domini britannici in Oriente si estesero anche al cosiddetto "continente nuovissimo": cioè a quelle terre che, scoperte nel 1642 dall'olandese Abel Tasman, erano conosciute come Nuova Olanda. Dopo che il capitano James Cook ebbe esplorato nel 1770 le coste orientali dell'Australia, gli inglesi si stabilirono in alcune zone costiere, che furono dapprima adibite a colonie di deportazione (1787-90) e solo più tardi (agli inizi dell'800) divennero colonie di popolamento.
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