14.2 Guerre e spartizioni
Già nel 1720, pochi anni dopo la conclusione della guerra di successione spagnola, si registrarono i primi mutamenti di sovranità territoriale. Essi fecero seguito alle trattative diplomatiche rese indispensabili per arginare il dinamismo politico e militare della Spagna che, insoddisfatta degli assetti europei, sotto la guida di un abile prelato italiano, Giulio Alberoni, aveva avviato un nuovo conflitto. L'Alberoni si era mosso in più direzioni cercando alleanze e organizzando complotti. Nel 1717-18 la Spagna aveva invaso la Sardegna austriaca e la Sicilia sabauda. Ma l'intervento della flotta inglese si rivelò decisivo. Gli spagnoli furono sconfitti a Capo Passero a sud della Sicilia (1718). L'accordo fra le potenze (Francia, Inghilterra, Province Unite e Austria), raggiunto a Londra nel 1718 e sottoscritto dalla Spagna nel 1720, riconfermò sostanzialmente i termini della pace di Utrecht. In Italia i Savoia dovettero cedere la Sicilia all'Austria, avendone in cambio la Sardegna su cui spostarono il titolo regio (un titolo che porteranno fino al 1861 quando Vittorio Emanuele II diverrà re d'Italia). In virtù di questo cambio vantaggioso (la Sicilia era una regione più ricca e più ampia della Sardegna), l'Austria rafforzò le sue posizioni in Italia; e poté sommare questi successi a quelli ottenuti qualche anno prima contro i turchi e sanciti dalla pace di Passarowitz del 1718 (
13.2).
Una nuova contesa internazionale ebbe inizio nel 1733, legata al problema della
successione in Polonia. Nato nell'Europa centro-orientale, questo conflitto portò profonde modifiche soprattutto nella penisola italiana: l'apparente contraddizione va ricondotta a quanto detto sull'esistenza di zone deboli - aperte alle scorrerie e alle contestazioni fra le potenze - e al ruolo svolto dall'Austria in questo contesto.
Per comprendere a fondo la politica austriaca di questi anni, va ricordato che, fin dal 1713 (quando ancora si riteneva anche re di Spagna), l'imperatore Carlo VI con la prammatica sanzione (un editto sovrano) aveva modificato le regole tradizionali di successione della casa d'Austria ammettendovi anche le figlie femmine. Si trattava di evitare quanto era accaduto agli Asburgo di Spagna (
12.5). E si rivelò una saggia cautela, perché presto l'imperatore non poté contare su eredi maschi. Da allora l'obiettivo principale di Carlo VI divenne quello di ottenere il riconoscimento della prammatica sanzione da parte delle maggiori potenze, il che spiega una certa propensione austriaca alla trattativa e la disponibilità a cedere parte dei propri domini.
In realtà il problema della successione in assenza di eredi diretti costituì soprattutto un pretesto per scatenare conflitti di egemonia in Europa a spese di organismi politici non sufficientemente forti e organizzati. Non è un caso infatti che nessuno Stato, per quanto potente, fu in grado di interferire realmente nei complessi e reiterati problemi della successione inglese: né dopo Enrico VIII, né nel 1688-89, né infine alla morte della regina Anna (1714), quando il luterano elettore di Hannover, Giorgio (figlio di una nipote di Giacomo I Stuart), salì sul trono inglese. Non c'era casa regnante che non potesse vantare parentele di questo tipo: tutti erano in qualche modo cugini tra loro. Si è calcolato che, rispetto a Giorgio di Hannover, vi fossero ben 57 detentori di maggiori diritti alla successione al trono inglese. Ma l'Inghilterra era tutelata dalla sua potenza navale e dalla sua insularità; inoltre a partire dalla "gloriosa rivoluzione" e in seguito con l'Act of Settlement (1701), l'approvazione della successione rientrò nelle prerogative del Parlamento.
Nel 1733 concrete rivalità furono dunque riattivate nell'Europa continentale dalla questione polacca. Secondo il particolare sistema vigente in Polonia i re venivano eletti dall'assemblea dei nobili: un'assemblea molto numerosa (in cui il veto di uno solo, liberum veto, bloccava ogni decisione, che doveva essere presa all'unanimità) e quindi più facilmente divisa e soggetta all'influenza delle potenze.
L'elezione a grande maggioranza di Stanislao Leszczynski, candidato della Francia e suocero di Luigi XV, determinò l'intervento russo che impose l'elettore di Sassonia, Federico Augusto, sostenuto anche dall'Austria. La guerra che ne seguì tra Francia, Spagna e Savoia, da una parte, e Austria, dall'altra, si svolse prevalentemente in Italia. Nel 1735 tuttavia i francesi raggiunsero un accordo con gli austriaci e la pace, stipulata a Vienna nel 1738, determinò nuove importanti modifiche in Francia e in Italia. Al Leszczynski, come compenso per la rinuncia alla Polonia, fu assegnato il Ducato di Lorena, che, dopo la sua morte, sarebbe passato alla Francia. Il duca Francesco Stefano di Lorena, sposo di Maria Teresa d'Austria, la erede di Carlo VI, fu compensato con il Granducato di Toscana, dove si era estinta la dinastia dei Medici. Carlo di Borbone, duca di Parma e figlio di Filippo V di Spagna e della seconda moglie Elisabetta Farnese, ottenne il Regno di Napoli e la Sicilia. Carlo Emanuele III di Savoia, a cui la Francia aveva promesso la Lombardia, ricevette solo Novara e Tortona. L'Austria infine vide riconosciuta dalla Francia la prammatica sanzione e in Italia ebbe il Ducato di Parma. Due nuove dinastie si installarono così in Italia, i Borbone a Napoli e i Lorena (dal 1765 Asburgo-Lorena) in Toscana: una presenza e un dominio che sarebbero durati fino all'unità d'Italia.
Nel 1740, poco dopo la morte di Carlo VI d'Asburgo e l'ascesa al trono della figlia Maria Teresa, il giovane re di Prussia Federico II invase e occupò la Slesia, una ricca provincia asburgica a nord-est della Boemia lungo il fiume Oder. La
successione austriaca, che sembrava ormai garantita e tutelata, fu così occasione di un'altra guerra. Il fattore nuovo fu l'espansionismo prussiano, ma presto si aggiunsero le pretese alla successione dell'elettore di Baviera, imparentato con gli Asburgo, sostenuto dalla Francia. Nel blocco antiaustriaco entrarono anche Spagna e Prussia, mentre alleate dell'Austria furono l'Inghilterra, l'Olanda e in seguito i Savoia.
La guerra che si combatté in Boemia, in Germania, nelle Fiandre e nell'Italia settentrionale non vide vittorie o sconfitte decisive. Con la pace stipulata ad
Aquisgrana (1748), l'Austria ottenne il riconoscimento definitivo della prammatica sanzione, ma dovette cedere la Slesia alla Prussia e il Ducato di Parma a Filippo, fratello del re di Napoli Carlo di Borbone. Qualche modesto ulteriore ampliamento fu concesso in Lombardia ai Savoia. La Francia invece, nonostante i brillanti successi militari nelle Fiandre, uscì dalla guerra a mani vuote. Per l'Italia iniziò un lungo periodo di pace e di stabilità politica che si sarebbe interrotto solo nel 1796 con la campagna di Bonaparte.
Se nella penisola italiana i rapporti di forza e gli assetti territoriali furono sostanzialmente risolti con la pace di Aquisgrana, la situazione rimase aperta ad ulteriori sviluppi nell'Europa centrale. Qui l'Austria non si era rassegnata alla perdita della Slesia e allo smacco subito: riteneva quindi suo obiettivo primario costituire un fronte che abbattesse la nuova potenza prussiana. Con la promessa della cessione dei Paesi Bassi, l'Austria riuscì ad allearsi con la Francia che mirava anche alla conquista dell'Hannover, appartenente alla corona inglese. Francia e Austria, secolari nemiche e ora alleate, poterono contare anche sull'alleanza con la Russia, mentre la Prussia si legava all'Inghilterra.
Per Francia e Inghilterra il conflitto ebbe dimensioni mondiali e si concluse, come abbiamo visto nel capitolo precedente, con gravi mutilazioni nei possessi francesi d'oltremare e col riconoscimento della supremazia inglese (pace di Parigi, 1763). Sul continente europeo fu la Prussia, sentendosi accerchiata, a dare inizio a quella che sarebbe stata chiamata la
guerra dei Sette anni (1756-63). Federico II, vinto a Kolin (giugno 1757) dagli austriaci, che occuparono Berlino, sconfisse in seguito i francesi a Rossbach (novembre 1757) e nel dicembre gli austriaci a Leuthen. La guerra ebbe a lungo un andamento incerto: alle vittorie prussiane seguirono le sconfitte e, nell'agosto 1759, Federico II subì una vera e propria disfatta a Kunersdorf ad opera dei russi. Quando la situazione appariva ormai compromessa, la morte della Zarina Elisabetta, fiera avversaria di Federico, e l'ascesa al trono di Pietro III, suo fervente ammiratore, salvarono la Prussia. Nel 1762 una pace separata fu stipulata con la Russia. Pochi mesi dopo a Hubertusburg, nel 1763, venne firmata anche la pace fra Austria e Prussia. Nulla era cambiato: la Slesia rimase infatti alla Prussia. Le capacità politiche e militari di Federico II avevano prevalso su avversari, almeno sulla carta, assai più potenti e il Regno prussiano vedeva riconosciuto il suo ruolo di potenza europea.
Le guerre del '700 dimostrarono che uno Stato di dimensioni ridotte, ma militarmente forte e politicamente ben guidato, poteva espandersi notevolmente sfruttando le rivalità e le debolezze regionali delle maggiori potenze. In Italia ciò fu vero, seppure in misura limitata, per il Regno di Sardegna. Nell'Europa centrale la Prussia non solo trasse vantaggio dalle iniziative militari di Federico II e dalle debolezze interne ed internazionali dell'Austria, ma poté ulteriormente avvantaggiarsi a spese della Polonia.
Per i motivi già ricordati - monarchia elettiva, liberum veto - e per la endemica anarchia nobiliare, la Polonia non era riuscita a sviluppare una struttura statale di tipo moderno. Era dunque l'organismo politico più fragile e inconsistente d'Europa, e gli interessi della vicina Russia - alla quale di volta in volta si appoggiavano le fazioni polacche - miravano a mantenerla in questa condizione.
Nel 1772 Federico II concluse con Russia e Austria un accordo che privò la Polonia di un terzo del suo territorio (prima spartizione). Alla fine degli anni '80, un tentativo di trasformare il paese in una monarchia costituzionale e la redazione di una costituzione, nel 1791, suscitarono forti opposizioni interne e fornirono il pretesto per una seconda spartizione fra Russia e Prussia, attuata nel 1793. Una sollevazione popolare a sfondo democratico guidata da Tadeusz Kosciuszko, che aveva combattuto nella guerra d'indipendenza americana, cercò nel 1794 di rovesciare il predominio russo. Ma gli insorti furono sconfitti. Si giunse così nel 1795 alla terza spartizione fra Russia, Prussia e Austria e alla scomparsa della Polonia come Stato autonomo (non può considerarsi tale il Ducato di Varsavia creato in epoca napoleonica). Solo dopo la prima guerra mondiale la nazione polacca avrebbe potuto ricostituirsi in organizzazione statale indipendente.
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