19.13 Sommario
La debolezza della monarchia francese si riassumeva nell'incapacità di risolvere la crisi finanziaria superando le resistenze della nobiltà e del clero, ostili all'abolizione dei propri privilegi fiscali. Di fronte all'opposizione dei Parlamenti Luigi XVI si rassegnò alla convocazione degli Stati generali, che determinò la mobilitazione politica del Terzo stato.
All'inizio del 1789 si tennero le elezioni dei deputati agli Stati generali, nel contesto di forti tensioni popolari determinate dalla crisi economica. Quando, avviati i lavori degli Stati generali, il Terzo stato si autoproclamò Assemblea nazionale iniziò una rivoluzione istituzionale che il re fu costretto a riconoscere: la rappresentanza per ordini veniva meno, come richiesto dal Terzo stato, e nasceva la nuova Assemblea nazionale costituente. Il processo rivoluzionario subì un'accelerazione con l'assalto alla Bastiglia il 14 luglio (che segnò l'entrata in scena del popolo parigino), la nascita di nuove municipalità, la sollevazione delle campagne che spinse l'Assemblea a decretare l'abolizione del regime feudale, l'approvazione della Dichiarazione dei diritti dell'uomo e del cittadino. La requisizione dei beni ecclesiastici, infine, determinò la vendita di una consistente porzione del territorio nazionale legando saldamente alla rivoluzione i nuovi proprietari.
A un anno dalla presa della Bastiglia l'ampiezza del consenso mascherava sensibili differenze politiche. I due maggiori problemi di questa fase furono comunque legati all'opposizione di parte del clero al giuramento di fedeltà (stabilito dalla costituzione civile del clero) e all'ostilità del re alle conquiste rivoluzionarie, resa evidente dal suo fallito tentativo di fuga. Alla fine del '91 nessuna forza era in grado di imporre la propria egemonia: i moderati, che avevano la maggioranza nell'Assemblea legislativa (apertasi il 1° ottobre); i giacobini, presenti soprattutto nell'attività dei club; la corte e gli emigrati, che organizzavano la controrivoluzione incoraggiati da Austria e Prussia; i ceti popolari, mobilitati dal grave disagio sociale. In questa situazione si vide nella guerra (dichiarata nell'aprile '92) una via d'uscita, sia pure per motivi opposti: il re per sconfiggere la rivoluzione, i girondini, il gruppo più attivo della Legislativa, per diffondere gli ideali rivoluzionari. Di fronte alle prime difficoltà militari, l'iniziativa fu ripresa dal popolo di Parigi, con due manifestazioni alle Tuileries, la seconda delle quali vide il successo degli insorti e determinò l'arresto e la sospensione del re (10 agosto 1792).
La grave situazione militare alimentò le voci di un complotto controrivoluzionario da cui trassero origine i "massacri di settembre", che rivelarono le potenzialità del radicalismo dei sanculotti. Poco dopo, la vittoria di Valmy oltre ad allontanare la minaccia esterna sancì la nuova identificazione tra passione nazionale e ideali rivoluzionari (cui si legava una politica espansionistica). Il giorno successivo (21 settembre '92) venne dichiarata la decadenza della monarchia dalla nuova assemblea eletta a suffragio universale, la Convenzione nazionale (i cui lavori, fino al giugno '93, furono caratterizzati dalla lotta tra girondini e montagnardi). Il processo e l'esecuzione del re accentuarono l'ostilità delle altre potenze. In una situazione grave - e per le tensioni interne (rivolta contadina in Vandea e rivendicazioni del popolo parigino) e per il nemico alle frontiere - i deputati del centro (la Pianura) si allearono con i montagnardi, adottando una serie di misure radicali e istituendo il Comitato di salute pubblica.
Sconfitti i girondini, dal giugno del '93 prendeva corpo la dittatura dei giacobini (che ormai si identificavano con i montagnardi), il cui principale esponente fu Robespierre. Proclamandosi unici interpreti del popolo, essi inaugurarono un modello di "democrazia totalitaria". La nuova Costituzione del '93 non entrò mai in vigore; fu invece instaurata una dittatura attraverso l'eliminazione fisica degli avversari (il Terrore) e l'accentramento dell'esecutivo. Fu repressa l'insurrezione "federalista" e, sia pure provvisoriamente, fu domata la Vandea; contemporaneamente la riorganizzazione dell'esercito portò, alla fine dell'anno, a nuove vittorie. Se con il maximum di prezzi e salari i giacobini vennero incontro alle richieste dei sanculotti, tentarono anche di ridurre l'influenza del movimento popolare. Fu promossa un'Opera di scristianizzazione, che portò all'introduzione del calendario repubblicano, alla celebrazione di feste laiche e al culto della dea Ragione e dell'Essere supremo. La lotta del gruppo dirigente robespierrista contro le altre frange rivoluzionarie fece maturare la congiura termidoriana (luglio '94).
La Convenzione termidoriana smantellò le strutture della dittatura giacobina: fu attenuato l'accentramento dell'esecutivo e furono abolite le norme repressive su cui si era fondato il Terrore, si introdusse la separazione tra Stato e Chiesa, fu abolito il maximum. La stabilizzazione interna fu consolidata dai successi militari e da alcuni trattati di pace. Una nuova Costituzione proclamò la difesa del diritto di proprietà e accentuò il carattere censitario del sistema elettorale; fu creato un parlamento bicamerale e un Direttorio cui era affidato il potere esecutivo. La debolezza del nuovo regime costrinse il Direttorio ad una politica pendolare tra la destra filomonarchica e la sinistra giacobina (il cui gruppo più radicale, capeggiato da Babeuf, tentò nel '96 un'insurrezione). Il rafforzarsi della destra spinse la maggioranza del Direttorio ad un colpo di Stato (settembre '97) realizzato con l'intervento dell'esercito.
La guerra, l'uccisione del re e il Terrore ridussero notevolmente, in Europa, il numero dei sostenitori della rivoluzione. La riflessione politica fu aperta dall'inglese Burke che contrappose la difesa della tradizione all'astrattezza dei princìpi dell'89. La rivoluzione da un lato spinse i governi europei a reprimere il dissenso interno, dall'altro stimolò lo sviluppo dei nuclei di opposizione. L'influenza della rivoluzione fu marcata in Belgio e Olanda, dove l'intervento francese portò nel primo caso all'annessione e nel secondo alla costituzione della Repubblica batava. In Italia si formarono vari club giacobini, duramente repressi dai governi.
Il Direttorio continuò nella politica di espansione in Europa, che univa il progetto di liberazione dei popoli ad obiettivi di sfruttamento economico. Nel 1796 Bonaparte ottenne il comando dell'armata d'Italia. I suoi straordinari e rapidi successi costrinsero l'Austria alla pace. Con il trattato di Campoformio (1797) gli austriaci venivano compensati delle loro perdite con il Veneto, l'Istria e la Dalmazia (la Repubblica di Venezia cessò così di esistere). A quel momento i francesi avevano in Italia il controllo diretto di Lombardia, Emilia e Romagna.
Lo sfruttamento dei territori italiani si legava al progetto della creazione di una serie di repubbliche "giacobine": nel 1796-97 la Repubblica cispadana (Emilia e Romagna), che si fuse poco dopo con la cisalpina (Lombardia), e la Repubblica ligure; nel 1798 la Repubblica romana (Lazio, Umbria e Marche); nel 1799 la Repubblica partenopea. Queste Repubbliche ebbero costituzioni moderate e i loro organi legislativi e di governo furono soggetti al controllo francese. L'estraneità dei ceti popolari al dominio francese determinò frequenti episodi di rivolta (la sollevazione dei contadini fu decisiva per la restaurazione borbonica nell'Italia meridionale, cui seguì una durissima repressione).
Mentre l'instabilità politica caratterizzava la situazione interna francese, Bonaparte organizzò una spedizione in Egitto (1798) per colpire da lì gli interessi commerciali inglesi. I suoi successi militari furono annullati dalla distruzione della flotta francese operata da Nelson, mentre l'Inghilterra organizzava una seconda coalizione contro la Francia. Le sconfitte militari provocarono una ripresa dell'attività giacobina in opposizione al Direttorio. La situazione di crisi politica si risolse attraverso il colpo di Stato del 18 brumaio (9 novembre '99), che - ideato da Sieyes - poté realizzarsi solo grazie all'intervento militare di Bonaparte.
Il colpo di Stato pose fine alla dinamica politica rivoluzionaria, pur se la stabilizzazione delle conquiste della rivoluzione si realizzò soltanto negli anni del consolato di Napoleone. Con la rivoluzione francese cambiarono radicalmente modi e contenuti della politica: in questo senso dà inizio alla storia contemporanea divenendo il punto di riferimento obbligato di tutte le tendenze politiche dell'800.
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