5.8 Sommario
Gli anni della Riforma protestante furono anche quelli dell'egemonia di Carlo V in Europa. Trovatosi a governare, oltre che sulla Spagna (e su Napoli, Sicilia, Sardegna), sulle terre degli Asburgo in Austria e Boemia, sulla Fiandra e sui Paesi Bassi, Carlo divenne imperatore nel 1519. La lotta accanita tra Spagna e Francia, le due maggiori potenze europee, caratterizzò i decenni successivi (ed ebbe per teatro l'Italia). Sconfitto Francesco I nel 1525 - anche grazie a nuove tecniche di combattimento imperniate sull'uso della fanteria - Carlo V pose Francesco II Sforza, come suo vassallo, sul Ducato di Milano, che rivestiva un'importanza fondamentale poiché metteva in comunicazione Spagna e Germania.
Il re di Francia diede allora vita ad un'alleanza antiasburgica (Lega di Cognac), cui aderì anche il papa. Migliaia di mercenari al servizio dell'imperatore scesero in Italia e posero al sacco Roma per alcuni mesi (1527); contemporaneamente si disgregava l'alleanza antispagnola. L'anno successivo, dopo un accordo tra papa e imperatore che faceva entrare la penisola nell'orbita imperiale, la pace di Cambrai sanciva le rispettive sfere di influenza tra Carlo V e Francesco I.
Una delle insidie all'egemonia di Carlo V fu rappresentata dall'espansione degli ottomani che, con Solimano, raggiunsero il cuore dell'Europa (occuparono quasi tutta l'Ungheria, entrata a far parte dei domini asburgici, ed assediarono Vienna). Il tentativo di controffensiva attuato da Carlo V nel Mediterraneo ebbe, con la riconquista di Tunisi, un successo effimero. La pressione turca sull'Europa evidenziò anche il tramonto dell'idea di Cristianità, ben testimoniato dall'alleanza del re di Francia con il sultano in funzione antiasburgica. Ma la crisi di quell'idea - e il parallelo emergere del concetto nuovo di Europa - si legavano anche alle profonde lacerazioni del cristianesimo e alla formazione di comunità cristiane nel Nuovo Mondo.
Alla morte del duca di Milano, Carlo V occupò quella regione, e ciò riaccese la lotta con la Francia, che ne uscì sconfitta anche per l'intervento, a fianco dell'imperatore, del re d'Inghilterra. La guerra riprese con il nuovo re di Francia Enrico II, che spostò l'asse del conflitto dall'Italia alla Germania (ove ebbe l'appoggio dei principi luterani).
In Carlo V molti contemporanei videro l'artefice di un rinnovamento e di una riunificazione della Cristianità. Ma se la persistenza dell'idea di Impero si spiega con un desiderio di ordine (tanto più forte in un'epoca di crisi e lacerazioni), è pur vero che essa, nell'Europa degli Stati nazionali, era ormai superata.
Se ne rese conto lo stesso Carlo V. Nel 1555 risolse il conflitto con i principi protestanti tedeschi: la pace di Augusta sancì la divisione della Germania tra cattolici e luterani e affermò l'obbligo per i sudditi di seguire la confessione del loro sovrano. L'anno successivo Carlo V abdicò, dividendo l'Impero tra il fratello Ferdinando I (che ebbe la corona imperiale, le terre degli Asburgo, Boemia e Ungheria) e il figlio Filippo II (Spagna, Milano, Napoli, Sicilia, Sardegna, Paesi Bassi, colonie americane); con questo atto riconosceva l'irrealizzabilità dell'Impero universale. Uno strascico nella lotta tra Francia e Impero si ebbe con la guerra tra Enrico II e Filippo II, conclusasi con la pace di Cateau-Cambrésis (1559) che regolò gli equilibri politici europei per circa mezzo secolo.
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