4.2 La sfida di Lutero
Di fronte al carattere dirompente delle critiche di Lutero, la reazione papale era inevitabile e si manifestò nel giugno del 1520 con la bolla Exurge Domine, con cui il pontefice Leone X condannava le idee del monaco agostiniano, ordinava che i suoi scritti fossero gettati al rogo e gli lasciava due mesi di tempo per abiurare. Nel dicembre dello stesso anno Lutero bruciò in pubblico la bolla papale manifestando apertamente la volontà di una rottura definitiva. Era un gesto prevedibile da parte di un uomo che già da tempo aveva dichiarato di non volersi sottomettere ("Voglio essere libero. Non voglio diventare schiavo di nessuna autorità, sia essa quella di un concilio e di una qualsiasi potenza o di una università o del papa. Io proclamerò fiducioso quanto riterrò vero, sia se proposto da un cattolico che da un eretico, sia se approvato che respinto da una qualunque autorità"). Ma quel gesto destò comunque un enorme scalpore.
Decisivo per Lutero fu l'appoggio dell'elettore di Sassonia, Federico il Savio, che lo convinse ad appellarsi direttamente all'imperatore Carlo V (
5.1), cui spettava il compito di rendere esecutiva la condanna papale. Della faccenda doveva occuparsi la Dieta imperiale convocata a Worms per la primavera del 1521. In quell'occasione fu nuovamente chiesto a Lutero (che si era recato a Worms munito di un salvacondotto) di sconfessare pubblicamente le proprie idee. Lutero rifiutò di farlo: "Poiché la Vostra Maestà e le vostre signorie domandano una risposta semplice, ne darò una senza corna né denti: se non sarò convinto con la Scrittura e con chiare ragioni - infatti non credo né al papa né ai concili da soli, perché è evidente che hanno errato e si contraddicono - io sono vinto dalla mia coscienza e prigioniero della Parola di Dio. [...] Perciò non posso e non voglio ritrattarmi perché non è giusto né salutare andare contro coscienza. Iddio mi aiuti. Amen".
Con il consenso di una parte della Dieta, l'imperatore pronunciò allora una solenne condanna che fece di Lutero un fuorilegge e un nemico pubblico: chiunque poteva ucciderlo impunemente, sicuro dell'approvazione delle autorità. La situazione di Lutero si fece estremamente pericolosa e c'era già chi temeva, e chi sperava, che l'intera vicenda si concludesse, come tante altre volte in passato, col rogo. Ma la figura di Lutero era ormai diventata un simbolo, e quel monaco ribelle contava già molti sostenitori in vari strati della società tedesca.
Avevano accolto con entusiasmo la sua predicazione le frange più povere del proletariato urbano e i contadini, che erano rimasti favorevolmente impressionati dalla violenta condanna degli sfruttatori pronunciata da Lutero in varie occasioni, e che interpretavano la sua esaltazione della libertà interiore dell'uomo come un invito puro e semplice alla libertà da qualsiasi oppressione. L'avevano apprezzata anche i borghesi che, più giustamente, avevano colto nel messaggio luterano, accanto all'appello in favore della libertà in materia di fede, un incitamento, per loro rassicurante, alla rassegnazione su questa terra, all'obbedienza nei rapporti sociali, al rispetto dell'ordine. L'azione dirompente di Lutero non dispiaceva nemmeno a quei principi tedeschi che vedevano in essa l'occasione per indebolire il potere del papa e quello dell'imperatore e che nella negazione luterana della validità del sacerdozio leggevano un implicito invito a impadronirsi delle vastissime terre che il clero possedeva in Germania. L'avevano recepito con favore anche gli intellettuali, che non potevano non apprezzare la rivendicazione luterana del diritto di tutti gli uomini di pensare e scrivere seguendo la propria coscienza. Molti ecclesiastici, infine, vedevano nell'azione di Lutero l'ultima occasione per riformare in profondità il cattolicesimo. Più in generale, la predicazione luterana contro Roma aveva risvegliato nel popolo tedesco una potente ondata di fervore nazionale, il sentimento di un orgoglio germanico troppo a lungo umiliato dagli italiani. "Politici e dotti, cavalieri e borghesi, gente qualunque e chierici rosi dall'inquietudine, ognuno di costoro - ha detto Lucien Febvre - quando il monaco parlava, udiva un suono diverso".
Sulla strada del ritorno da Worms, Lutero (il cui salvacondotto non era ancora scaduto) fu rapito dagli emissari del suo protettore Federico il Savio e messo in salvo nello sperduto castello della Wartburg, in Turingia. Mentre Lutero, ormai al sicuro, attendeva alla traduzione tedesca della Bibbia e alla stesura di nuovi scritti, le sue idee dilagavano: la città di Costanza - seguita da molte altre - rifiutò di applicare la condanna imperiale di Worms e adottò il luteranesimo. Monaci e monache abbandonarono a migliaia i conventi.
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