5.7 La pace di Augusta e la rinuncia di Carlo V
Il primo a rendersi conto di tutto questo fu lo stesso Carlo V. Egli decise anzitutto di risolvere diplomaticamente il conflitto con i principi protestanti tedeschi che si trascinava da tempo senza vincitori né vinti (una bella vittoria militare delle forze imperiali a Mühlberg nel 1547 si era subito rivelata tutt'altro che decisiva): la
pace di Augusta del 1555 tra l'imperatore e la Lega di Smalcalda sancì ufficialmente la divisione di fatto della Germania tra cattolici e luterani. Cosa del tutto nuova nella storia d'Europa, i sudditi furono obbligati a seguire la confessione religiosa del loro sovrano. In precedenza tutti i cristiani europei erano uniti da una sola fede, da riti comuni, da una comune obbedienza alla Chiesa di Roma. I sovrani potevano scontrarsi e magari prendere le armi uno contro l'altro, ma i loro sudditi erano tutti - tranne alcuni gruppi minori ed emarginati, come gli ebrei - cattolici. Ora s'impose, invece, inevitabilmente, una tendenza del tutto diversa: i sudditi erano tenuti a seguire la confessione del loro principe, con il risultato che non di rado dovettero passare più volte da una confessione all'altra in rapporto al succedersi dei principi: Cuius regio eius religio ("La religione corrisponda a quella di chi possiede il paese") era il nuovo principio che governava la storia religiosa e politica europea. Ad Augusta si decise anche di regolamentare il problema delle confische dei beni della Chiesa da parte dei protestanti, che furono regolarizzate fino alla data del 1552.
Per la prima volta nella storia dell'Occidente cristiano due forme di religione, la cattolica e la luterana, ottenevano pari riconoscimento legale. Zwingliani, calvinisti e anabattisti furono tuttavia esclusi dall'accordo.
Con la pace di Augusta del 1555 Carlo V rinunciò a imporre in Germania l'egemonia dell'Impero in campo religioso e accondiscese a una più ragionevole politica di equilibri e di compromessi. Un passo ulteriore e ben più clamoroso l'imperatore compì l'anno dopo, quando abdicò dividendo l'Impero in due tronconi: al fratello
Ferdinando I (1556-64) lasciò la corona imperiale, le terre ereditarie degli Asburgo, le corone di Boemia e di Ungheria; al figlio
Filippo II (1556-98) lasciò il Regno di Spagna con Milano e i tre Viceregni di Napoli, Sicilia, Sardegna, i Paesi Bassi, le colonie americane. Subito dopo Carlo si ritirò in un monastero fino alla morte, che sopraggiunse nel 1558.
Con l'atto clamoroso dell'abdicazione, l'imperatore che aveva lottato per circa un quarantennio per dar vita al fantasma dell'Impero universale, dichiarava ufficialmente il proprio fallimento. Questo lucido riconoscimento fu tuttavia l'estrema manifestazione della sua grandezza morale.
La guerra tra Francia e Impero ebbe uno strascico nello scontro tra il monarca francese Enrico II e il re di Spagna Filippo II, alleato questa volta con l'Inghilterra. Il conflitto riprese nel 1557 ed ebbe come teatro la Francia settentrionale: l'esercito spagnolo, guidato dal duca di Savoia Emanuele Filiberto, riportò una splendida vittoria sui francesi nella battaglia di San Quintino, nell'Artois. I francesi ottennero però un importante successo strappando agli inglesi il porto di Calais. Le due potenze, in lotta da diversi decenni, erano ormai logore, le loro finanze erano dissestate, il morale degli eserciti prostrato. Si giunse a un'ennesima pace, che fu conclusa a
Cateau-Cambrésis nel 1559 e che regolò gli equilibri politici europei per circa mezzo secolo: alla Spagna fu riconosciuto il dominio sull'Italia, alla Francia il possesso di Calais, Metz, Toul, Verdun, di alcune città del Piemonte (fra cui Torino) e del Marchesato di Saluzzo. La Savoia fu attribuita a Emanuele Filiberto. L'accordo fu suggellato da due matrimoni dinastici: quello di Filippo II con la figlia di Enrico II, Elisabetta, e quello di Emanuele Filiberto con la sorella di Enrico II, Margherita.
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