9.6 Il crollo della Spagna
Nel Regno di Spagna, colpito più di ogni altro paese europeo dalla crisi economica del '600, Filippo IV e soprattutto il suo primo ministro Olivares puntarono decisamente alla realizzazione di un progetto di accentramento assolutistico, destinato a fornire alla monarchia spagnola i mezzi per un rilancio in grande stile sulla scena europea (
8.3). La cosiddetta Unione delle armi, cioè la ripartizione fiscale e il reclutamento militare proporzionali tra le varie province e tra i vari domini della corona, fu causa di profonde tensioni nel Regno, sia per l'eccessiva esosità delle richieste, sia perché, in realtà, in molte regioni della penisola iberica vere e proprie sistematiche imposizioni fiscali e leve di soldati non erano state mai effettuate da parte del governo centrale.
Il Regno di Spagna era infatti costituito da una federazione di regni autonomi (Castiglia, Aragona, Catalogna, Valencia, Portogallo) sui quali primeggiava la Castiglia. Ciascuno di questi regni era dotato di larghissima autonomia, benché le principali cariche pubbliche fossero ricoperte generalmente da nobili castigliani. In questa federazione si trovavano in subordine i "vicereami" italiani (Napoli, Sicilia, Sardegna, più il Ducato di Lombardia) e coloniali, nonché i domini dinastici della Casa regnante (Paesi Bassi e Franca Contea). Filippo IV, come del resto i suoi predecessori, era padrone assoluto della Castiglia e - almeno in linea teorica - di tutte le dipendenze fuori di Spagna; ed era da queste regioni che provenivano il gettito fiscale che riforniva il tesoro reale e il grosso del reclutamento militare. Il resto della penisola iberica non offriva alcun significativo contributo. Ecco perché alle richieste di Olivares, nell'inverno del 1640 si ribellarono la Catalogna e il Portogallo: la prima aveva fra l'altro una forte tradizione di autonomia culturale e di vivacità economica, che alimentava aspirazioni indipendentistiche; il secondo era stato integrato nel Regno di Spagna da soli sessant'anni ed era quindi ancor più motivato a distaccarsi dalla compagine castigliana.
In Catalogna la rivolta esplose nelle campagne, dove alla protesta contro le tasse e contro l'alloggiamento delle truppe destinate al fronte francese, si unì la protesta dei contadini contro lo sfruttamento signorile. Diffusasi a Barcellona, principale centro della regione, l'agitazione venne presa in mano dalla nobiltà e dalla borghesia, e assunse la fisionomia di moto indipendentista. Barcellona sarà riconquistata soltanto nel 1652, dopo dodici anni di guerra.
In Portogallo, invece, il fronte antispagnolo si indirizzò immediatamente al recupero dell'integrità del territorio nazionale e dei domini coloniali. Fu proclamato re il duca di Braganza, che prese il nome di Giovanni IV (1640-56) e la reazione spagnola fu respinta anche grazie all'aiuto di Francia e Inghilterra. Nel 1668 il trattato di Lisbona sancirà l'indipendenza del Portogallo.
L'allontanamento di Olivares nel 1643 aggravò il disordine amministrativo del Regno di Spagna, mentre le sorti della guerra dei Trent'anni volgevano decisamente a favore della Francia. La guerra sempre più difficile e le ribellioni che esplodevano qua e là nella penisola iberica, spinsero Filippo IV a spostare la pressione fiscale soprattutto sui possedimenti italiani. Anche qui, come vedremo (
10.4), il governo spagnolo dovette tuttavia affrontare gravi rivolte.
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