17.3 Il progresso tecnologico
Al rapido succedersi di nuove invenzioni, che caratterizzò i primi anni dello sviluppo industriale inglese, è stato a lungo attribuito un ruolo determinante nella trasformazione economica. In realtà, un'osservazione più attenta del rapporto temporale tra invenzione, applicazione al processo produttivo e sviluppo della produzione consente di comprendere come il ruolo dell'invenzione risulti marginale nell'avviare il processo di industrializzazione, mentre sono piuttosto le esigenze poste da quest'ultima che determinano l'introduzione di nuove tecniche nel processo produttivo. Appare quindi opportuno rifarsi alla classica distinzione dell'economista austriaco Josef A. Schumpeter (1883-1950) tra invenzioni e innovazioni. Il termine
invenzione designa la scoperta di una determinata tecnica, quello di
innovazione indica invece la sua applicazione. Così non è l'invenzione in quanto tale che provoca il cambiamento, ma è la sua applicazione diffusa e costante che costituisce il cuore della trasformazione tecnica. In questo campo la rivoluzione industriale segna il passaggio da una situazione nella quale il progresso scientifico era caratterizzato da scoperte sporadiche a una fase segnata da un flusso continuo e concatenato di innovazioni, che sono in grado di generare un profondo cambiamento nel senso comune e che diffondono l'idea del progresso come evento necessario e un'immagine del mondo come realtà in trasformazione.
I settori principalmente interessati dai cambiamenti tecnologici furono quelli delle macchine utensili e della generazione di forza motrice e, strettamente connesso a quest'ultimo, della estrazione e lavorazione delle materie prime, in particolare del carbone e dei minerali ferrosi. Nel campo delle
macchine utensili per il settore tessile, la reciprocità del rapporto tra invenzione e produzione risulta particolarmente evidente. Infatti l'invenzione della navetta volante, brevettata da J. Kay nel 1733 (un congegno azionato a pedale che consentiva un più rapido passaggio del filo della trama attraverso l'ordito), rese possibile un migliore rendimento del telaio. Fino allora, infatti, la larghezza del tessuto dipendeva dall'ampiezza dell'apertura di braccia del tessitore che lanciava la spola da una mano all'altra. La diffusione dei nuovi telai determinò uno squilibrio tra le varie fasi dell'industria tessile: all'aumentata capacità produttiva della tessitura non corrispondeva un equivalente sviluppo della produzione di filato. Gli sforzi di innovazione si orientarono quindi verso questo settore. In un breve giro di anni una serie di invenzioni (la jenny di Hargreaves, 1765; il filatoio idraulico di Arkwright, 1769; il filatoio mule di Crompton, 1779) consentì il passaggio alla completa meccanizzazione della filatura: il lavoro con il filatoio idraulico superava di parecchie centinaia di volte quello della ruota a mano; e il filato era più sottile e più robusto. La tessitura si trovò allora a dover lavorare un eccesso di filati rispetto alla sua capacità produttiva: questo nuovo squilibrio fu infine superato con l'invenzione del telaio meccanico di E. Cartwright (1787), che tuttavia si affermò assai lentamente.
Il passaggio successivo sulla via della modernizzazione tecnologica fu quello dell'utilizzazione del
vapore come forza motrice. Fino allora - e ancora nei primi decenni del XIX secolo - le ruote idrauliche installate lungo i fiumi fornivano l'energia necessaria a muovere le nuove macchine (e le fabbriche si chiamavano mills, "mulini"). Ma la limitata disponibilità di energia idrica vincolava la dislocazione delle fabbriche alla presenza dei corsi d'acqua, la cui portata inoltre non era sempre costante. Una volta messa a punto la tecnica dello sfruttamento del vapore e costruite le prime macchine a vapore (brevetto di
James Watt del 1769) divenne sempre più conveniente utilizzare una forza motrice costante alimentata da un combustibile,
il carbone, di cui l'Inghilterra possedeva ricchi giacimenti. A questo punto, vapore e carbone divennero gli strumenti del progresso. Nel 1800 erano in funzione mille macchine a vapore; nel 1815 la potenza installata era già cresciuta di venti volte.
Sollecitate dalle strozzature del processo produttivo - secondo un andamento di "botta e risposta" - le innovazioni di quest'epoca non furono il risultato dell'applicazione di ricerche scientifiche, ma soluzioni pratiche a problemi concreti. E gli "inventori" non furono uomini di scienza in senso stretto, ma uomini di varia estrazione culturale e sociale. Hargreaves era tessitore, Kay e Crompton figli di piccoli proprietari terrieri, Arkwright barbiere, Watt era un costruttore di strumenti di precisione, Cartwright un ecclesiastico. Di essi, il solo Arkwright divenne un capitalista di successo.
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