16.7 Il dispotismo illuminato in Prussia e Russia
Agli occhi dei contemporanei,
Federico II Hohenzollern, re di Prussia (1740-86), rappresentò la più compiuta personificazione del sovrano illuminato. E i suoi trionfi, soprattutto militari, su avversari più grandi e potenti conferirono la patina del successo a una politica che si voleva ispirata dai princìpi della ragione. La frequentazione dei philosophes, la corrispondenza e l'amicizia con Voltaire, l'apertura dell'Accademia delle Scienze agli illuministi, l'impegno personale come autore di opere storiche e politiche (scritte in francese, perché non era in grado di scrivere in tedesco) fecero di Federico II il tipico re-filosofo. Ma nell'azione concreta, com'egli dichiarò, lo guidarono soprattutto "l'ambizione, l'interesse e il desiderio di acquistare fama". Se, alla vigilia dell'ascesa al trono, aveva scritto in collaborazione con Voltaire, e pubblicato nel 1740 l'Antimachiavel, una contestazione del machiavellismo in difesa del diritto naturale, della pace, di una politica umana, retta e giusta, solo pochi mesi dopo, nel dicembre 1740, senza dichiarare guerra invase e conquistò la Slesia. Questo dualismo fra princìpi illuminati e politica di potenza caratterizzò non solo la personalità di Federico II, ma la vicenda storica della Prussia, al tempo stesso potenza militare e Stato della filosofia e della scienza: una dicotomia che tornerà in altri momenti della storia tedesca.
Certamente "più di qualsiasi altro monarca del XVIII secolo, Federico II - ha scritto lo storico tedesco E. Hinrichs - seppe dare alla propria politica di riforme una motivazione filosofica in funzione delle nuove idee. La sua concezione del sovrano come 'primo servitore dello Stato', la sua capacità di esprimersi su Dio, la politica, l'amministrazione, il diritto, la cultura, nello stile e al livello degli ambienti più colti del tempo, hanno periodicamente affascinato gli uomini di cultura europei, inducendoli ad elogi che andavano considerevolmente al di là di ciò che Federico 'il Grande' mirava realmente a realizzare e aveva realizzato".
Fra i primi e più significativi interventi riformatori di Federico furono la semplificazione del sistema giudiziario con l'apprestamento di un codice di procedura e di un codice civile (1747-51; ma l'opera di uniformazione sarà compiuta solo nel 1781) e la formazione di una magistratura di carriera preparata e capace; l'istituzione nel 1763, per la prima volta in Europa, dell'istruzione elementare obbligatoria. I risultati di quest'ultima riforma furono piuttosto modesti, tuttavia la dipendenza dei maestri dallo Stato contribuì a rafforzare i princìpi della dedizione al sovrano e alle istituzioni civili e militari. Nell'economia l'intervento diretto dello Stato fu particolarmente assiduo. In un quadro sostanzialmente protezionistico, fu favorito il commercio internazionale, furono sviluppate o introdotte le attività manifatturiere (come quella della seta) e fu incrementata la colonizzazione contadina delle province orientali.
Furono introdotti nella vita civile spirito umanitario e tolleranza; in particolare, la tolleranza (che nasceva in Federico da una sostanziale indifferenza religiosa) fu largamente praticata nei confronti dei cattolici, talora per esigenze di opportunità, come nel caso della mancata soppressione dei collegi dei gesuiti nella Slesia appena conquistata. Furono anche attenuate le discriminazioni a cui erano soggetti gli ebrei.
Pilastri dello Stato prussiano rimanevano l'esercito e la burocrazia; il corpo degli ufficiali e i livelli superiori dell'amministrazione erano interamente reclutati nella nobiltà che deteneva gli strumenti del potere sociale. L'esercito, che assorbiva l'80% delle finanze, fu ulteriormente potenziato (
14.5); ma soprattutto Federico II riuscì a realizzare un'impresa nella quale erano falliti tutti gli altri sovrani del tempo: quella di trasformare la nobiltà, un ceto guerriero in declino in tutta Europa, in una aristocrazia militare disciplinata dallo Stato e profondamente legata al suo principe. Una nobiltà militare e terriera (formata da quelli che nel XIX secolo saranno chiamati gli Junker) alla quale venne confermato il predominio sul mondo rurale e sui contadini servi. Di un reale miglioramento delle dure condizioni di vita e dipendenza personale dei contadini si può parlare solo per le terre demaniali; altrove vi fu appena qualche attenuazione, nonostante la decisione formale di abolire la servitù.
Nell'amministrazione, Federico II si limitò ad alcuni ritocchi volti ad accentuare la centralizzazione della struttura costruita dal padre Federico Guglielmo I, e si riservò il sostanziale controllo sulle finanze. Come ha scritto uno dei maggiori storici tedeschi contemporanei, Gerhard Ritter, Federico II insegnò "ai suoi amministratori la virtù di un coscienzioso adempimento del proprio dovere nel puro interesse dello Stato. Solo una cosa egli non seppe suscitare e sviluppare: il coraggio di assumere responsabilità personali, e quindi il talento politico". La struttura dello Stato prussiano non riuscì a raggiungere una vitalità intrinseca, legata com'era essenzialmente all'iniziativa e alla funzione di equilibrio fra i poteri esercitata dal re, cioè in definitiva, alla sua autorità, al suo prestigio e alla sua intelligenza. Vent'anni dopo la morte di Federico II, avvenuta nel 1786, quella che sembrava una perfetta macchina burocratica andò in pezzi dopo la sconfitta subita a Jena (1806) ad opera di Napoleone.
Anche la notorietà di
Caterina II di Russia (1762-96) come sovrana illuminata fu in larga misura legata ai rapporti culturali e di amicizia che intrattenne con i philosophes. Ma nel suo caso i propositi e gli intenti superarono di gran lunga le effettive realizzazioni nel campo delle riforme. Immagine usurpata, dunque, o oggettiva impossibilità - anche per le energie più dinamiche e innovatrici - di modificare l'arretrata condizione della Russia zarista?
Nel 1767, qualche anno dopo l'inizio del suo regno, Caterina convocò una commissione di 573 membri, composta da rappresentanti della nobiltà, delle città e dei contadini liberi, per la redazione di un nuovo codice. La presenza accanto ai nobili di elementi di altri ceti testimoniava l'esigenza di attenuare il predominio aristocratico; ma fu soprattutto l'istruzione premessa al decreto di convocazione, ispirata alle teorie di Montesquieu e di Beccaria, a divulgare in tutta Europa il programma riformatore della zarina, favorevole alla libertà di stampa e alla tolleranza, e ostile alla servitù dei contadini. Erano tuttavia affermazioni di principio piuttosto che obiettivi da perseguire concretamente; e la creazione della commissione si risolse in un nulla di fatto.
La requisizione dei beni della Chiesa greco-ortodossa, già iniziata dai predecessori di Caterina, l'abolizione dei monopoli e dei vincoli alle attività commerciali e manifatturiere, ora consentite anche ai contadini, furono tuttavia significativi provvedimenti a favore dello sviluppo economico. Più importante la riforma amministrativa e provinciale del 1775 in cui largo peso era concesso, almeno formalmente, alle assemblee nobiliari, mentre l'obiettivo di fondo rimaneva quello di un rafforzamento dell'autorità centrale.
L'arretratezza e le resistenze della Russia tradizionale fecero sì che gli interventi riformatori di Caterina si muovessero verso la definizione e l'organizzazione di una società per ceti e in una attribuzione di competenze ai suoi organi, senza intaccare, e anzi allargando, le dimensioni del privilegio e il sistema di produzione fondato sul lavoro dei servi, impiego esteso anche alle manifatture. Mentre la società per ceti era messa in crisi nel resto d'Europa, indebolita in seguito al rafforzarsi delle prerogative dello Stato, in Russia venne definendosi allora ordinatamente per la prima volta. La carta della nobiltà del 1785, che confermava ed estendeva i privilegi nobiliari, rappresentò un momento significativo di questa tendenza. Una tendenza che rappresentava anche una reazione alle inquietudini dei contadini che aspiravano all'abolizione della servitù e che erano stati coinvolti, nel 1773-75, nella grande rivolta guidata dal cosacco Pugačëv (
15.3).
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