6.5 La stregoneria
Il grande scontro tra l'offensiva protestante e la controffensiva cattolica è accompagnato dal dilagare di un fenomeno che, per le sue dimensioni e caratteristiche, è diventato quasi il simbolo di un'epoca: la
caccia alle streghe. Tra il 1550 e il 1650 circa (si noti la contraddittoria coincidenza con la estrema fioritura del Rinascimento e la fase montante della rivoluzione scientifica) in tutta Europa (ma soprattutto in Francia e in Germania) inquisitori cattolici, ministri protestanti, autorità civili di tutti i tipi misero a morte decine di migliaia di persone, denunciate o accusate di far parte di una congregazione di seguaci del demonio, di aver partecipato a mostruose orge sataniche, di possedere il potere di distruggere o recar danno a uomini, animali, cose. Da dove scaturì questa ondata di violenza?
Non c'è dubbio che la crisi religiosa protestante fece esplodere la psicosi della strega: è possibile affermare che dovunque si imposero i protestanti - luterani o calvinisti che fossero - ogni forma di resistenza fu aggredita a colpi di accuse di stregoneria; lo stesso fecero i cattolici dovunque persero terreno o riuscirono a recuperarlo. La caccia alle streghe è dunque un indicatore fondamentale del conflitto tra le molteplici anime del cristianesimo cinquecentesco, e tale rimarrà fino alla metà del XVII secolo, quando il consolidamento dello status quo dei due fronti e una fase di relativa pace - accompagnati dalle proteste degli intellettuali più illuminati e dalle esigenze di ordine delle monarchie assolute - metteranno fine ai massacri sistematici.
I secoli precedenti avevano visto ardere sul rogo più gli eretici (dagli albigesi ai valdesi) che le streghe. Va osservato inoltre che la resistenza alla persecuzione fu particolarmente accentuata in zone marginali geograficamente e culturalmente, non integrate nella società feudale e nell'organizzazione ecclesiastica: zone, per esempio, come i Pirenei francesi e l'arco alpino italiano. Schiacciata l'eresia, l'evangelizzazione di queste aree marginali - dove rimanevano in vita culti antichissimi - rimase problematica: le difficoltà di penetrazione in questi ambienti furono allora spiegate razionalmente assimilando il patrimonio delle credenze popolari alla stregoneria, e questa all'eresia. La demonologia elaborata dai settori più attivi dell'Inquisizione fu, dunque, originariamente usata per intervenire in alcune ben precise realtà locali. Ma il sistema, una volta completato, acquistò valore universale: ogni persona "diversa" era in potenza un affiliato del diavolo: tale fu definita, per esempio, Giovanna d'Arco, bruciata come strega nel 1431. Il culmine della elaborazione dottrinale si ebbe con la codificazione nel manuale per cacciatori di streghe per eccellenza, il Malleus maleficarum, pubblicato nel 1486 da Heinrich Kramer e Jacob Sprenger, inquisitori che - forti di una bolla papale che deplorava la diffusione della stregoneria in Germania - scatenarono la persecuzione delle streghe nella valle del Reno. La stregoneria fu dunque modellata dalla Chiesa cattolica e poi usata, da tutte le autorità religiose e civili, come strumento per schiacciare i diversi tipi di opposizione.
Non c'è dubbio che l'eccezionale convergenza e uniformità delle confessioni degli imputati di stregoneria fosse dovuta in gran parte ai precostituiti schemi interpretativi usati dagli inquisitori negli interrogatori. Ma anche e soprattutto alla tortura che fu applicata indiscriminatamente: le violenze erano tali che difficilmente l'inquisito non confermava le accuse e non denunciava complici, in una catena senza fine.
Tuttavia bisogna riconoscere che, una volta creata, la mitologia della strega acquistò vita autonoma, a prescindere dalle forzature e dagli eccessi di zelo degli inquisitori cattolici e protestanti. La gente comune, ma anche molti intellettuali, credevano veramente che le streghe esistessero e - ciò che più importa - indubitabilmente molte presunte streghe erano profondamente convinte di possedere poteri diabolici. Le radici di queste credenze poggiano su alcuni comportamenti irrazionali ed emotivi propri di molte società organizzate: guerra, fame, disordini, incertezza diffusa generano infatti l'esigenza di un "capro espiatorio", di un "nemico" cui imputare l'origine di ogni male. Una volta stabilito, per le vicende sopra descritte, che streghe e stregoni erano il "nemico" da abbattere, individui "diversi" come vecchie, vedove, mammane, storpi, vagabondi, senza famiglia, eretici di varia natura, ecc., furono tutti passibili di persecuzione sotto un preciso denominatore comune. A loro volta i "diversi" hanno in molti casi coltivato l'illusione di poter riscattare o "vendicare" il proprio isolamento attraverso l'adesione al culto, più o meno fantastico, del principe delle tenebre. In molti casi l'autosuggestione deve aver contato moltissimo, specie negli elementi psicolabili.
Tra questi certamente la presenza di donne era schiacciante: la condizione di inferiorità in cui esse versavano a tutti i livelli della società è stato l'elemento decisivo. Signore di ricca famiglia chiuse in convento, vecchie fattucchiere-levatrici nei villaggi, donne drammaticamente esposte all'emarginazione dalla condizione di vedove nelle città, erano ideali soggetti per accuse di stregoneria, ma anche per cadere vittime delle allucinazioni "diaboliche", a metà strada tra il desiderio di evasione e il sogno di possedere un potere che la comunità e gli uomini non riconoscevano loro (p. 141).
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