14.4 La Francia
Nei cinquant'anni che seguirono la morte di Luigi XIV (1715), la Francia collezionò una serie di insuccessi in politica estera. Il notevole impegno militare in due guerre vittoriose (successione polacca e austriaca) fruttò solo l'acquisto della Lorena (che divenne effettivo nel 1766 alla morte di Stanislao Leszczynski:
14.2). Se la Francia rimase, anche dopo la guerra dei Sette anni, la maggiore potenza continentale europea, gli obiettivi di dominio oltremare, sostenuti dalla vigorosa espansione commerciale realizzata nel ventennio di tregua con l'Inghilterra, furono nettamente sconfitti.
Tutta la politica francese, non solo quella estera, appare in questo periodo sotto il segno dell'incertezza. Nei primi anni della reggenza del duca Filippo di Orléans (Luigi XV era un bambino di cinque anni al momento della morte del bisnonno), l'impianto della monarchia assoluta sembrò entrare in crisi. Ripresero vigore le opposizioni: la grande nobiltà, i parlamenti e i giansenisti, ma si trattò di fenomeni di breve durata.
L'episodio più significativo degli anni della reggenza fu l'esperimento di riforma finanziaria tentato, con l'appoggio del reggente, dallo scozzese John Law tra il 1716 e il 1720. Law propose una vera e propria rivoluzione monetaria e insieme una riforma fiscale. La prima era basata sulla sostituzione della moneta metallica con quella cartacea, garantita dalle azioni di una compagnia commerciale costituita allo scopo, la Compagnia d'Occidente (poi delle Indie). La seconda si fondava sulla abolizione delle imposte dirette e indirette a favore di una imposta fondiaria unica e sulla abolizione degli appalti. L'obiettivo era quello di annullare il gravosissimo deficit del bilancio statale con una conversione dei titoli del debito pubblico in azioni della Compagnia e di aumentare la ricchezza del paese in virtù di una più rapida circolazione del denaro. Il progetto cominciò a realizzarsi e il Law fondò dapprima una banca privata (poi divenuta Banque royale), al tempo stesso banca di deposito e di emissione. La carta moneta ottenne la fiducia del pubblico, ma presto si innescò un meccanismo di accaparramento speculativo che portò le azioni alle stelle senza alcun rapporto con il loro valore reale. Quando gli speculatori più avvertiti cominciarono a vendere e a chiedere la conversione della moneta cartacea in quella metallica, fu il crollo di un sistema che, come aveva favorito rapidissimi arricchimenti in estesi strati sociali, provocò ora altrettanto rapidi impoverimenti.
Molti programmi e intuizioni di Law erano validi e anticipatori, ma le basi dello sviluppo economico francese non erano tali da sostenere una trasformazione così rilevante, ed eminentemente speculativa, delle strutture finanziarie. I problemi del debito e delle finanze pubblici erano destinati a divenire uno dei nodi irrisolti di tutta la politica francese del '700. Brevissima vita ebbe il tentativo operato dal controllore generale J. B. Machault di tassare il clero (introducendo l'imposta del ventesimo nel 1749) ed egualmente fallirono altri programmi di riforma finanziaria.
Al di là della irresolutezza di Luigi XV, preso da uno stile di vita leggero e troppo attento alle opinioni e agli intrighi delle sue amanti (fra cui la celebre Madame de Pompadour), il meccanismo decisionale della monarchia francese appariva bloccato: impossibile rafforzare ulteriormente le strutture dell'assolutismo per l'opposizione dei ceti privilegiati ed anche impossibile restituire le antiche prerogative senza minare le basi della monarchia. L'endemico conflitto con i parlamenti e l'incapacità di risolvere i problemi fiscali costituirono gli aspetti esemplari di una situazione senza sbocchi.
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