4.8 La Riforma in Italia
In Italia la Riforma ebbe una storia diversa da quella delle altre regioni europee. Nella penisola mancava infatti, o era assai debole, quel sentimento di profonda avversione a Roma e alla sua Chiesa che altrove era stato uno dei fattori determinanti nella diffusione del luteranesimo e del calvinismo. Certamente anche in Italia gli abusi della Chiesa in campo economico e il comportamento inadeguato dei sacerdoti destavano indignazione e scandalo, ma non generavano, come altrove, una reazione profondamente intrisa di elementi "nazionali". Inoltre, a differenza dei principi tedeschi e dei sovrani europei, i signori che governavano i numerosi Stati italiani erano troppo dipendenti dal papa e dall'altra potenza cattolica, l'imperatore, per tentare, anche qualora l'avessero voluto, una politica di rottura in campo religioso.
Ma le idee della Riforma ebbero ugualmente una certa circolazione nel nostro paese. A Venezia, che riconobbe ufficialmente un ambasciatore della Lega di Smalcalda, venivano stampati gli scritti di Lutero, le cui copie circolavano nelle maggiori città italiane, da Milano a Firenze, a Napoli. Gruppi ereticali di vecchia tradizione, come i valdesi del Piemonte aderirono con entusiasmo al calvinismo. Nel complesso, tuttavia, la Riforma nel nostro paese non diventò mai un movimento popolare e i suoi aderenti appartenevano prevalentemente agli ambienti colti.
In Italia la Riforma s'inserì nel solco dell'
evangelismo, un movimento dal contenuto dottrinale piuttosto eterogeneo e indeterminato, che si richiamava alle interpretazioni religiose rinascimentali e proclamava la necessità di un ritorno alla pratica e alla fede dell'età evangelica. L'eclettismo del movimento faceva sì che, soprattutto in una prima fase, non fosse facile distinguere al suo interno le correnti riformatrici di ispirazione protestante da quelle che non avevano nulla di eretico e si ricollegavano ai tradizionali movimenti riformatori del cattolicesimo. Col passare del tempo, il chiarirsi delle reciproche posizioni e l'intervento, brutale ma chiarificatore, dell'Inquisizione, divaricò il destino di molti aderenti al movimento. Alcuni li ritroveremo al vertice delle gerarchie cattoliche, altri nel cuore dello schieramento protestante.
La situazione italiana ricevette una forte impronta da
Juan Valdés, uno spagnolo sfuggito all'Inquisizione iberica e trasferitosi in Campania, sotto la protezione del cardinale Gonzaga. Nella sua abitazione Valdés dirigeva ritiri spirituali cui partecipavano dame colte e raffinate come la contessa Giulia Gonzaga, prelati di alto rango come il generale dei cappuccini Bernardino Ochino, ecclesiastici giovani e brillanti come il futuro cardinale Seripando. Con molta abilità, sotto l'apparenza di armonia rispetto alle posizioni della Chiesa cattolica, Valdés introduceva idee fortemente caratterizzate dall'impronta di Lutero, che facevano larga presa sugli ascoltatori.
Valdés concluse la sua esistenza praticamente indisturbato, ma l'intervento dell'Inquisizione non risparmiò i suoi seguaci. Alcuni, come gli umanisti Aonio Paleario e Pietro Carnesecchi furono giustiziati come eretici a Roma. Altri, i più numerosi, preferirono emigrare. Così fecero, tra tanti altri, Pier Paolo Vergerio, che era stato legato pontificio, il canonico Pietro Vermigli, che può essere considerata la figura più colta del movimento protestante italiano, il marchese Galeazzo Caracciolo, l'umanista Jacopo Aconcio, autore di un trattato sulla tolleranza che ebbe traduzioni in molte lingue e grande successo nei paesi protestanti.
L'influsso di questi emigranti sulla cultura europea fu grande. Spesso essi erano portatori di idee molto più radicali di quelle dei luterani e dei calvinisti. In particolare, gli eretici italiani portavano nel dibattito religioso quello spirito razionalistico che si era formato da tempo nell'ambito della cultura umanistica. Tipico rappresentante di questa tendenza fu Fausto Sozzini (latinizzato Socino), discendente da un'importante famiglia di Siena nota per le sue idee ereticali. Dopo un lungo peregrinare in vari paesi europei, Socino si stabilì in Polonia, dove divenne il punto di riferimento del movimento anabattista locale. La sua predicazione si caratterizzava per il rifiuto di qualsiasi dogma (tanto di quelli cattolici che di quelli luterani), per una critica serrata alla dottrina trinitaria, per una valorizzazione dell'idea di tolleranza e per una forte impronta razionalistica. Il
socinianesimo, che segnò profondamente la vita religiosa non solo della Polonia, ma anche della Transilvania, della Moravia e dell'Ungheria, può essere considerato l'eresia più radicale del XVI secolo.
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