7.3 I problemi del governo: spazi e tempi
In un'epoca come la nostra, in cui le comunicazioni sono rapidissime, è difficile immaginare quanti problemi ponesse la circolazione delle lettere, dei dispacci, delle informazioni, delle merci nel XVI secolo e quanto essa ostacolasse il buon funzionamento di un impero grande come quello di Filippo II. Il governatore spagnolo nei Paesi Bassi ebbe a lamentarsi così: "Non so nulla del re, per ciò che concerne gli affari di questi Paesi Bassi, dal 20 novembre scorso. Il servizio di Sua Maestà ne soffre spaventosamente". Queste parole furono scritte il 24 febbraio del 1575: poteva dunque accadere che il governatore spagnolo di una regione dell'impero particolarmente importante e delicata, restasse senza istruzioni da parte del suo sovrano per più di tre mesi.
I viaggi per mare erano i più veloci, eppure per attraversare il Mediterraneo in senso nord-sud, o viceversa, occorrevano da una a due settimane, per attraversarlo da est a ovest, o viceversa, da uno a due mesi. Velocità del genere erano grosso modo le stesse che impiegavano nell'antichità le navi greche e romane: da questo punto di vista, in circa duemila anni, non si erano registrati molti progressi.
Caratteristica degli spostamenti dell'epoca non era soltanto la grande
durata, ma anche la grande
variabilità dei tempi di percorrenza. Il clima, che oggi influisce molto poco, aveva un'incidenza fortissima: bastava un temporale, una nevicata, il mare in tempesta, per allungare a dismisura i tempi di un percorso. Questo vuol dire che nessun progetto, nessun calcolo, nessuna previsione poteva essere elaborata sulla base di una credibile programmazione dei tempi. L'imponderabile effetto di imprevisti tanto frequenti da diventare quasi normali, dava alle scelte e alle decisioni l'inevitabile impronta dell'azzardo.
Oltre a essere lenta e imprevedibile, la circolazione degli uomini e delle notizie era molto costosa. Nel 1560 l'ambasciatore di Filippo II alla corte di Francia inviò un corriere veloce da Chartres a Toledo e ritorno. Il costo dell'operazione fu di 358 ducati, una somma superiore allo stipendio annuale di un professore dell'Università di Padova. Somme del genere, che rendevano la notizia una "merce di lusso", potevano spenderle solo i governi e i banchieri, ma certo non per l'ordinaria amministrazione.
Questi problemi, beninteso, non riguardavano solo il re di Spagna, ma tutti i sovrani dell'epoca. I problemi del re di Spagna erano però ben più gravi di quelli dei suoi colleghi. Un impero come quello spagnolo, esteso dall'America all'Italia, dai Paesi Bassi al Portogallo, era - come ha scritto Fernand Braudel - "una colossale impresa di trasporti marittimi e terrestri, per quei tempi"; un'impresa che "oltre agli incessanti trasporti di truppe, esige la quotidiana trasmissione di centinaia di ordini e di notizie. La politica di Filippo II vuole questi collegamenti, richiede gli eserciti in movimento, i trasferimenti di metalli preziosi, le lettere di cambio". Eppure la dispersione mondiale dei territori soggetti al monarca - aggravata dalla decisione di porre la sede del governo a Madrid - rendeva questi territori difficilmente governabili, perché la tecnologia dell'epoca non era adeguata al controllo di spazi tanto estesi. Così la tante volte ricordata lentezza del "re prudente" era certo espressione di un carattere maniacale nella cura dei particolari, ma era soprattutto la conseguenza di condizioni oggettive e irriducibili.
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