1.3 L'avventura di Cristoforo Colombo
L'era delle grandi scoperte geografiche fu aperta dalla più importante di tutte, quella dell'America, il cui ricordo è legato al nome del navigatore genovese
Cristoforo Colombo (1451-1506).
Colombo cominciò giovanissimo a navigare al servizio di mercanti genovesi. Nel 1479 si stabilì in Portogallo e qui cominciò a elaborare l'idea di raggiungere l'Oriente navigando verso occidente. Il suo progetto incontrò all'inizio fortissime resistenze. Monarchi, cortigiani, dotti, uomini di mare disprezzarono per anni quel marinaio genovese che intendeva sperperare somme enormi in un'impresa folle: com'era possibile che ci fossero uomini che camminavano con la testa in basso e i piedi contro i nostri? Com'era possibile che in alcuni paesi il sole sorgesse nel momento stesso in cui in Europa tramontava? E ancora: che cosa faceva credere che ci fossero terre laddove da sempre si sapeva non c'era altro che acqua? Alcuni teologi e uomini di Chiesa, dal canto loro, trovavano nelle Sacre Scritture la prova inconfutabile che la Terra era un disco piatto.
Ma Colombo, come due secoli prima Marco Polo, non era un erudito; egli apparteneva al mondo spregiudicato dei navigatori dell'epoca, un po' avventurieri e affaristi, un po' esploratori e scienziati; soltanto un uomo del genere poteva staccarsi dai luoghi comuni tramandati dalla scienza antica e medievale. Nel progetto di Colombo confluirono elementi teorici e pratici, oltre a echi leggendari: notizie che egli aveva raccolto a Madera sui materiali ritrovati al largo da altri naviganti (legni, canne, ecc.); voci sull'esistenza di terre misteriose al di là dell'Atlantico, già indicate da mappe medievali e suffragate dagli studi di geografi arabi e dalle ricerche dei contemporanei, come il fisico fiorentino Paolo Toscanelli. Quest'ultimo sosteneva, in particolare, che la rotta verso ovest, sul parallelo di Lisbona, era la più breve per raggiungere l'Asia.
Anche se l'ipotesi di fondo era sostanzialmente giusta, le premesse scientifiche del viaggio di Colombo si fondavano su presupposti sbagliati: per esempio, che la distanza fra le coste occidentali della penisola iberica e quelle orientali dell'Asia fosse assai più breve e l'equatore superasse di poco i 30.000 km (valore di circa un quarto inferiore al vero), e che quindi navigando verso occidente si potesse giungere al Giappone con un viaggio di circa 5000 km invece degli effettivi 20.000. Soprattutto, Colombo non aveva previsto l'esistenza di un nuovo continente sulla rotta occidentale per l'Asia.
Il progetto di Colombo fu respinto dal re del Portogallo Giovanni II (1481-95), che lo ritenne non sufficientemente fondato; d'altra parte, il Portogallo era allora completamente impegnato in un'ambiziosa politica di espansione lungo le coste africane e non aveva energie da impiegare in nuove direzioni. Colombo decise allora di trasferirsi in Spagna; qui, dopo anni di estenuanti tentativi, egli ottenne infine dalla regina
Isabella di Castiglia (1474-1504) la tanto sospirata approvazione. La Convenzione di Santa Fè, firmata il 17 aprile del 1492, concesse a Colombo il titolo di ammiraglio, viceré e governatore delle terre eventualmente scoperte.
La spedizione, al cui finanziamento parteciparono anche alcuni banchieri fiorentini, comprendeva tre caravelle: la Santa Maria, di 200 tonnellate, comandata da Colombo, la Pinta, di 140, e la Niña, di 100; queste ultime erano comandate da due spagnoli, i fratelli Alonso e Yañez Pinzón. Lo scopo dell'impresa era esclusivamente commerciale e mirava ai ricchissimi mercati della Cina e del Giappone, di cui aveva parlato Marco Polo.
Dopo molte difficoltà e dopo aver sfidato più volte il malcontento della ciurma, esasperata per un viaggio tanto più lungo del previsto, Colombo avvistò finalmente terra il 12 ottobre 1492: non era né il Catai (Cina) né il Cipango (Giappone) come credeva il navigatore genovese, ma probabilmente l'isola di Watling nelle Bahamas (chiamata Guanahani dagli indigeni). L'avvenimento era tuttavia sensazionale e al suo ritorno a Palos, il 15 marzo 1493, Colombo fu accolto con grandissimi onori.
Trascorsero appena pochi mesi e Colombo ripartì al comando di una colossale spedizione, comprendente 17 navi e 1500 uomini; lo affiancavano i fratelli Giacomo (detto Diego) e Bartolomeo; furono esplorate le Antille secondo una rotta più meridionale, ma non si trovarono quelle enormi ricchezze di cui si cominciava a favoleggiare in Europa e soprattutto alla corte spagnola. Bisogna tener presente che il risvolto culturale e scientifico di queste esplorazioni interessava poco i monarchi europei, che si aspettavano unicamente che le somme investite nelle spedizioni dessero buoni frutti. Si comprende dunque la grande delusione della regina Isabella quando si vide recapitare, da parte di Colombo, un modesto carico di schiavi invece che interi convogli d'oro come aveva sperato e come forse le era stato promesso.
Tornato in Spagna per giustificarsi (giugno 1495), Colombo riuscì con grande fatica a ottenere il comando di una nuova spedizione, che partì il 30 maggio 1498 con appena sei navi. Questa volta Colombo approdò nel delta dell'Orinoco, dove trovò oro e perle in quantità: la speranza di trasformare la sua scoperta in un gigantesco affare economico sembrava dunque concretizzarsi. Ma intanto la situazione a Santo Domingo (o Hispaniola, la principale base nel Nuovo Mondo) precipitava e alla corte spagnola giungevano voci allarmate sui disordini e le violenze seminate dalla cattiva amministrazione di Colombo e sulle epidemie che andavano distruggendo le popolazioni locali. L'inviato della corte, presa conoscenza delle atrocità di cui veniva incolpato l'ammiraglio, lo incarcerò insieme ai fratelli e lo spedì in catene in Spagna (1500).
Liberato per intervento della regina, Colombo riuscì ancora una volta a ottenere il comando di un piccolo convoglio di quattro navi (9 maggio 1502). La spedizione costeggiò l'Honduras, che Colombo identificò con le foci del Gange, ma non ebbe fortuna. Privo delle navi, arenatesi sulle coste della Giamaica, Colombo tornò in Spagna nel 1504. Intanto la regina Isabella, unica sua protettrice, era morta, e la nuova situazione a corte era ostile al navigatore genovese. Cristoforo Colombo morì il 20 maggio 1506, dimenticato da tutti.
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