3.3 Francia e Spagna alla conquista dell'Italia
Dal punto di vista militare, la spedizione di Carlo VIII in Italia non era stata un successo. Dal punto di vista politico, invece, essa fu un evento di grande importanza: mostrando quanto fossero divisi gli Stati italiani (tanto divisi da fare appello agli stranieri per risolvere le loro contese) e rivelando quanto fosse facile trarre profitto dalle loro rivalità, essa aprì infatti la strada a un sempre più intenso coinvolgimento delle potenze europee nella penisola, bloccando ogni eventuale processo di unificazione. Mentre la Francia e la Spagna erano ormai Stati a carattere nazionale, territorialmente compatti e militarmente potenti, l'Italia restava divisa in un sistema frammentato, la cui debolezza era sempre più evidente.
Non sorprende quindi che il successore di Carlo VIII,
Luigi XII (1498-1514), riprendesse la politica espansionistica francese nella penisola. Il nuovo re era imparentato con la dinastia dei Visconti, che Ludovico il Moro aveva spodestato dal Ducato di Milano. Egli decise quindi di rivendicare il possesso della Lombardia, ma prima di scendere in Italia preparò bene il terreno: a Venezia concesse Cremona e la Ghiara d'Adda, agli svizzeri la Contea di Bellinzona (corrispondente al Canton Ticino), a Cesare Borgia, figlio illegittimo del pontefice Alessandro VI, la Romagna. Per il potente Luigi XII fu molto facile sconfiggere Ludovico il Moro (nel 1500), catturarlo e spedirlo in Francia (dove sarebbe morto nel 1518).
Ora il re di Francia progettò la conquista del Regno di Napoli, ma anche questa volta agì con cautela, cercando di muoversi in armonia con il re di Spagna
Ferdinando il Cattolico (1479-1516). Il trattato di Granada, stipulato segretamente nel 1500, prevedeva la spartizione del Regno di Napoli fra le due potenze: alla Francia sarebbero toccate la Campania e l'Abruzzo, alla Spagna la Calabria e la Puglia. Da parte del sovrano spagnolo si trattava di una manovra molto spregiudicata: l'accordo, infatti, comportava la liquidazione da parte di un Aragona del ramo cadetto della dinastia aragonese insediata a Napoli. Probabilmente a spingere Ferdinando a questo passo fu la convinzione che gli Aragonesi - come già al tempo di Carlo VIII - nulla avrebbero potuto contro l'esercito francese. Venuto a conoscenza dell'accordo ai suoi danni, il re di Napoli Federico III (1496-1501), reagì nell'unico modo possibile: abdicò a favore del re di Francia, ottenendo in cambio il Ducato di Angiò. Questa mossa fece saltare l'intesa tra Francia e Spagna, che entrarono in guerra. La Francia, sconfitta dalle truppe spagnole comandate dal valoroso generale Consalvo di Cordoba, fu costretta a sottoscrivere l'armistizio di Lione (1504), con il quale il Regno di Napoli veniva assegnato alla Spagna. La Francia manteneva il controllo del Ducato di Milano.
Con la morte del pontefice Alessandro VI, nel 1503, crollò il potere che suo figlio Cesare Borgia, con il consenso della Francia, si era costruito nelle Marche e in Romagna. Il nuovo papa era infatti un accanito nemico dei Borgia, Giuliano Della Rovere, che prese il nome di
Giulio II (1503-13); Cesare - detto anche il Valentino, perché aveva ottenuto dal re di Francia il Ducato di Valentinois - era apparso per qualche anno come il personaggio emergente nella scena politica italiana. Machiavelli, che ne apprezzava il valore e il forte temperamento politico, non alieno da astuzie e colpi di mano, vide addirittura in lui quasi il modello del "principe", insieme "golpe" e "lione". Ma l'astro di Cesare Borgia era troppo legato alla protezione di suo padre, il potente Alessandro VI. Venuto meno quest'ultimo, franò anche il potere del Valentino, che fuggì in Spagna dove sarebbe morto qualche tempo dopo.
Venezia approfittò della caduta del Valentino per occupare la Romagna. Si costituì allora una lega antiveneziana, la Lega di Cambrai (1508), comprendente il papa Giulio II - che ne fu promotore -, il re di Francia Luigi XII, l'imperatore Massimiliano d'Asburgo, il re di Spagna Ferdinando il Cattolico. Ognuno voleva strappare qualcosa a Venezia: il papa la Romagna, il re di Francia i possedimenti veneziani in Lombardia, l'imperatore il Veneto e il Friuli, il re di Spagna i porti pugliesi che la Repubblica aveva occupato nel 1495. Attaccata da queste forze preponderanti, Venezia subì una durissima sconfitta nella battaglia di Agnadello (1509). In quei momenti sembrava davvero che la Repubblica avesse i giorni contati: a salvarla furono la reazione delle popolazioni rurali e dei ceti popolari urbani, che si opposero accanitamente ai nemici, l'abilità diplomatica di una parte della sua classe dirigente, le rivalità che fatalmente si riaprirono tra i suoi nemici. Venezia perse comunque gran parte della terraferma e i porti che possedeva in Romagna, nel Polesine e in Puglia.
Il pontefice Giulio II fu il primo a mettere in crisi la lega che egli stesso aveva promosso: spaventato all'idea che il crollo di Venezia rafforzasse troppo la presenza straniera in Italia, egli uscì precipitosamente dall'alleanza. La vivace reazione del re di Francia, che cercò addirittura di convocare un concilio per deporre il papa, portò alla costituzione di una Lega santa, che raccolse intorno al pontefice, in funzione antifrancese, Venezia, l'Inghilterra, la Spagna e gli svizzeri. I francesi prevalsero nella battaglia di Ravenna del 1512 (dove tuttavia perse la vita il loro comandante Gaston de Foix), ma non riuscirono a difendere i loro territori in Italia settentrionale. La temibile fanteria svizzera invase la Lombardia e cacciò i francesi, consegnando il Ducato al figlio di Ludovico il Moro, Massimiliano Sforza. La Repubblica di Firenze, alleata dei francesi, fu abbattuta dagli spagnoli, che ripristinarono la signoria dei Medici.
Alla morte di Luigi XII salì al trono di Francia
Francesco I (1515-47), che si preoccupò di riconquistare immediatamente la Lombardia. Vi riuscì nella grande battaglia di Marignano (1515), dove le truppe francesi, aiutate da contingenti veneti, sconfissero gli svizzeri. Questi ultimi mantennero in loro possesso soltanto il Canton Ticino, mentre la Lombardia tornò sotto il controllo francese.
La morte dell'irruento Giulio II e la nomina a suo successore di Giovanni dei Medici, figlio di Lorenzo il Magnifico, che prese il nome di
Leone X (1516-21), favorì la distensione. Il nuovo papa cercò infatti di promuovere un accordo tra le potenze che si contendevano i territori della penisola. Si giunse così alla
pace di Noyon del 1516, che confermò l'attribuzione alla Spagna del Regno di Napoli e alla Francia del Ducato di Milano. Nelle intenzioni dei contraenti questa pace avrebbe dovuto assicurare un lungo periodo di non belligeranza in Italia. Ma non sarebbe stato così: alla prima occasione il conflitto tra le due principali potenze europee per il controllo della penisola sarebbe riesploso più aspro che mai, aprendo un nuovo capitolo delle guerre "horrende de Italia", come le chiamò il Guicciardini.
Ma già questa prima fase delle guerre d'Italia rivelò chiaramente che il destino della penisola sarebbe stato ancora per lungo tempo diverso da quello di paesi come la Spagna, la Francia o l'Inghilterra, il cui processo di unificazione era molto avanzato e si era svolto intorno a grandi monarchie "nazionali". L'emergere di elementi di una coscienza nazionale nel nostro paese assunse dunque caratteri abbastanza particolari.
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