3.6 Il paese dell'arte
Insieme con la lingua e la letteratura, un altro elemento culturale servì a caratterizzare la specificità italiana: l'
arte. Tanto in Italia quanto all'estero, la straordinaria fioritura dell'arte italiana, da Giotto a Donatello, da Leonardo a Michelangelo, da Brunelleschi a Palladio, fu avvertita ben presto come un aspetto fondamentale della sensibilità e della cultura italiana.
Questa specificità fu valutata anzitutto come diversità rispetto alle forme artistiche d'Oltralpe: Boccaccio, per esempio, contrapponeva la pittura di Giotto, che stimolava la riflessione sulla natura e sui sentimenti umani, alla fantasmagorica policromia dei mosaici bizantini, che esaltavano la visione ma non chiedevano nulla alla ragione; l'arte bizantina mirava a "dillettar gli occhi degli ignoranti", quella di Giotto a "compiacere allo intelletto de' savi". Leon Battista Alberti, dal canto suo, condannò l'arte gotica con una motivazione sostanzialmente non molto diversa: essa gli appariva eccessivamente carica di elementi decorativi e quindi lontana da quell'ideale di purezza, semplicità e armonia delle linee che era tipico dell'architettura italiana.
Già agli artisti dell'epoca e agli studiosi contemporanei delle tradizioni antiche apparve chiaro lo straordinario rilievo assunto dall'arte toscana e in particolar modo fiorentina. Ma questo primato toscano - che non escludeva il risalto di altre importanti tradizioni regionali, per esempio quella veneta - si accompagnava senza contraddizione alla consapevolezza dell'unitario sviluppo delle arti nel nostro paese. Operava in questo senso la prorompente diffusione nella penisola (specialmente a Roma e a Napoli) degli stessi canoni toscani e il loro inserimento armonico in una corrente più vasta, definibile appunto come italiana: un'immagine diffusa negli ambienti colti dell'epoca, che ritroviamo enunciata nelle parole del massimo protagonista dell'arte rinascimentale. Parlando con un contemporaneo che ce ne ha lasciato testimonianza, Michelangelo manifestò apertamente la sua valutazione negativa dell'arte fiamminga: "questa pittura - egli disse - è fatta solo di cenci, di case in rovina, di verzura, di campi, d'ombre d'alberi e di ponti, di fiumi, il che essi chiamano paesaggi e qualche figura qui, qualche altra là; e tutto questo, sebbene a certi occhi possa sembrare bello, in realtà è fatto senza ragione né arte, senza simmetria né proporzione, senza discernimento né disinvoltura, in una parola senza sostanza né nerbo". Si ritrova qui il motivo, tipicamente rinascimentale, dell'arte come capacità di cogliere la "sostanza" delle cose e non la loro - per quanto gradevole - apparenza. Ma si ritrova anche il tema della specificità e superiorità dell'arte italiana: "le opere che si fanno in Italia - aggiunse infatti Michelangelo - sono quasi le uniche a cui si possa dare il nome di pittura [...] chiamiamo italiana la buona pittura".
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