3.8 L'Italia vista da fuori
Tracciate le linee essenziali dello sviluppo di un'autocoscienza nazionale italiana, possiamo porre un'altra domanda: com'erano visti gli italiani nel resto della Cristianità, quali erano le immagini esterne delle nostre popolazioni e del nostro paese? Rispondere a questa domanda vuol dire analizzare l'altra faccia della medaglia: dopo le autorappresentazioni, le rappresentazioni esterne.
A partire dalla caduta dell'Impero romano e lungo tutto il Medioevo, l'Italia fu vista anzitutto come una preda. Dal 410 (anno del sacco di Alarico) al 1494 (anno della invasione di Carlo VIII), le "discese" nella penisola di barbari, re, imperatori, praticamente non si contano: goti, bizantini, slavi, longobardi, arabi, franchi, ungari, normanni, tedeschi, angioini, aragonesi, mercenari stranieri... Com'era inevitabile, quasi ogni discesa fu accompagnata da saccheggi e spoliazioni.
Per tutta l'età medievale l'Italia restò il paese più ricco del continente: ricco soprattutto per i suoi traffici, che ne facevano un crocevia tra Oriente e Occidente, ma ricco anche per i suoi monumenti e per i tesori d'arte accumulatisi nei secoli. Il mito dell'antica Roma rimase sempre vivo in Europa e stimolava anche al saccheggio delle opere d'arte: ad Aquisgrana come a Basilea, a Bonn come a Londra, a Parigi come a Colonia gli storici dell'arte hanno rinvenuto, reimpiegati in monumenti locali, frammenti o intere opere provenienti dall'Italia. Invadere l'Italia, possederne un pezzo, appropriarsi dei suoi tesori d'arte era soprattutto un segno di potenza, quasi un condividere parte delle antiche glorie della penisola.
L'Italia, sede della città - Roma - che è caput mundi ("capitale del mondo") e caput fidei ("capitale della fede", centro del cattolicesimo), era anche la terra dei santi, dei miracoli, delle reliquie, il paese dove, con San Benedetto, era sorto il monachesimo occidentale, dove erano nati o si erano diffusi gli ordini mendicanti. In quanto tale, l'Italia era anche la meta principale dei pellegrinaggi che attraversavano in continuazione l'Europa medievale: il pellegrinaggio a Roma, per pregare sulle tombe dei martiri cristiani e sui sepolcri di Pietro e Paolo, era considerato l'esempio più alto di devozione, la manifestazione somma della pietà cristiana, che assicurava al fedele meriti enormi presso il Signore. Il flusso dei visitatori diventava una vera e propria marea in occasione dei giubilei, gli "anni santi" che garantivano ai pellegrini speciali indulgenze. Se Roma era la meta principale dei fedeli di tutta Europa, non mancavano, nella stessa Italia, mete secondarie ma anch'esse importanti: ci si recava per esempio a Bari, per venerare le reliquie di San Nicola, o al Monte Gargano, dov'era apparso San Michele.
Le immagini che gli stranieri avevano degli italiani coincidevano in parte con quelle che gli italiani avevano di se stessi: gli italiani apparivano come un popolo di letterati e di artisti, come i depositari di tecniche espressive insuperate, che raggiungevano e talvolta superavano il livello dei grandi maestri dell'antichità. Ma si trattava, in questo caso, di immagini limitate quasi esclusivamente al mondo dei dotti, l'unico che fosse in grado di conoscere e di apprezzare veramente questi fenomeni. Se spostiamo il nostro angolo visuale scopriamo, infatti, altre immagini e altre rappresentazioni. I modi in cui i popoli entrati in contatto amano rappresentarsi reciprocamente procedono per semplificazioni e forzature: l'importante è caratterizzare rapidamente, non tracciare un quadro sfumato e articolato degli altri. Lo stesso accadde per l'Italia.
Di fronte agli assalti esterni l'Italia fu spesso indifesa. Eppure gli stranieri erano sorpresi dell'improvviso esplodere delle rivolte delle popolazioni italiane, della loro rabbia improvvisa, che obbligò tanti papi e soprattutto tanti imperatori alla fuga. L'Italia era un paese pericoloso e i suoi abitanti erano ribelli per vocazione naturale. Le frequenti ribellioni delle città portavano inoltre al potere "signori" nati dal nulla, che non fondavano la loro autorità su diritti dinastici e su altre regole tradizionali e riconosciute, ma esclusivamente sulla violenza e sul colpo di mano. All'estero più che in Italia questi signori (i Visconti come i Medici, gli Sforza come i Malatesta) furono visti come tiranni e l'Italia come il paese dei tiranni. Contesi da troppi padroni, sempre alle prese con nuovi invasori e nuovi pretendenti, gli italiani impararono a destreggiarsi, alternando promesse e inganni, rivolte improvvise e improvvise pacificazioni. Ne nacque la fama del popolo italiano come popolo astuto, imprevedibile, ingannatore.
Per tutto il Medioevo, italiano significò anche uomo d'affari. Protagonisti della rinascita economica dell'XI secolo, le città italiane inviavano ovunque i loro mercanti, dal Nord Europa all'Oriente islamico, alla lontana Cina. Banchieri, cambiavalute, mercanti italiani, operavano in tutte le grandi fiere e nelle principali piazze commerciali. Consiglieri economici italiani erano presenti alle corti dei re e dei signori. Come tutti gli individui che maneggiavano denaro, che speculavano sugli interessi e quindi guadagnavano giocando sul tempo, anche gli italiani all'estero erano insieme indispensabili e odiati, richiesti e temuti. Non mancarono nei loro confronti, soprattutto in Francia e in Inghilterra, episodi di emarginazione e di prevaricazione: imprigionamenti, espulsioni, prestiti forzati, contributi fiscali eccezionali, ecc. Essendo cristiani, questi italiani che operavano all'estero riuscirono tuttavia a evitare le tragedie che periodicamente si abbattevano sugli ebrei.
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