7.6 Elisabetta d'Inghilterra
La rivolta dei Paesi Bassi fece emergere con chiarezza un dato di fondo, che caratterizzava molte società europee: le spaccature religiose introdotte dalla Riforma e le reazioni restauratrici della Controriforma erano diventate il catalizzatore della lotta politica tra gli Stati o all'interno di essi. Quale che fosse il motivo originario di uno scontro, di una rivolta, di un contrasto, di uno schieramento, esso finiva quasi subito per assumere un preciso carattere religioso. Ma era vero anche il contrario: gli orientamenti in materia di fede aggregavano essi stessi dissensi di altra natura. Questo dato di fondo della storia europea emerse drammaticamente anche nelle vicende della monarchia inglese.
La precoce morte del giovanissimo Edoardo VI riaprì i conflitti religiosi in Inghilterra. Salì al trono Maria Tudor, detta
Maria la Cattolica (1553-58), nata dal matrimonio tra Enrico VIII e Caterina d'Aragona, la sposa spagnola che il sovrano aveva ripudiato a favore di Anna Bolena (
4.7). L'imperatore Carlo V vide subito la possibilità di far entrare l'Inghilterra nel sistema imperiale ispano-asburgico e organizzò il matrimonio tra il proprio figlio Filippo (il futuro Filippo II) e la nuova regina, che venne celebrato nel 1554. Di fronte a questa brillante mossa dinastica il re di Francia, Enrico II, non restò a guardare e nel 1558 fece sposare il proprio figlio quindicenne (il futuro Francesco II) con la sedicenne
Maria Stuart (1542-1587), principessa ereditaria di Scozia. All'alleanza dinastica tra Spagna e Inghilterra si oppose pertanto quella tra Francia e Scozia.
Maria la Cattolica procedette subito a una sistematica restaurazione del cattolicesimo, avvalendosi dei tribunali e del rogo: diverse centinaia di protestanti subirono il martirio. Fu proibito il Book of Common Prayer - il libro di preghiera ufficiale, di ispirazione protestante - che Edoardo VI aveva introdotto a uso del clero e dei fedeli. La regina morì dopo pochi anni di regno, lasciando nel paese un ricordo negativo - la chiamarono Maria la Sanguinaria - e, cosa ancor più grave, lasciando un'impressione indelebile, che associava il cattolicesimo a immagini di persecuzione e di dominio straniero.
La nuova sovrana,
Elisabetta (1558-1603) era figlia di Enrico VIII e di Anna Bolena. A rigor di termini, i cattolici avrebbero potuto contestare la validità di questa successione, poiché la regina era figlia di genitori scomunicati ed era nata da un matrimonio che il papa aveva dichiarato sacrilego. Tutti attendevano la prossima mossa del cattolicissimo re di Spagna, ma Filippo II si guardò bene dal contestare la validità della successione al trono inglese; infatti Maria Stuart, futura regina di Scozia e moglie di Francesco II, re di Francia dal 1559, era anche la più diretta erede al trono inglese dopo Elisabetta. Se quest'ultima fosse stata spodestata, Maria Stuart avrebbe quindi unito nella sua persona le due corone e suo marito avrebbe di fatto governato su entrambe le sponde della Manica. Filippo II era talmente convinto di dover scongiurare questa eventualità, che chiese persino Elisabetta in moglie. La regina tergiversò e riuscì a eludere la richiesta senza urtare la suscettibilità del sovrano; lo stesso comportamento fu da lei adottato nei confronti di tutti gli altri pretendenti - principi di Francia, di Svezia, di Germania - che restarono per anni in attesa di una sua decisione. Sapendo di non poter avere figli, Elisabetta evitò di associarsi al trono un inutile marito; si circondò invece di ottimi consiglieri, devoti e competenti.
L'abilità diplomatica di Elisabetta non aveva limiti: grande conversatrice, sapeva come tenere in scacco l'interlocutore, astuta e intuitiva, faceva di una certa civetteria femminile, della vanità e del capriccio, uno schermo che rendeva imprevedibili le sue rapide decisioni, quasi sempre lucide e fredde. Per gli inglesi, Elisabetta divenne un mito: sotto il suo lunghissimo regno - quasi mezzo secolo - l'Inghilterra si trasformò in una potenza di prima grandezza, gettò le premesse del suo gigantesco impero coloniale, attraversò un periodo di floridezza economica e di rigoglio culturale.
Elisabetta comprese che i suoi sudditi avevano soprattutto bisogno di pace e cercò di evitare, nei limiti del possibile, il riaccendersi dei contrasti religiosi. Educata agli ideali dell'Umanesimo e protettrice delle arti e delle scienze, detestava con tutte le forze il fanatismo religioso, da qualsiasi parte provenisse. Non era una protestante fervente ma, un po' per la sua origine familiare, un po' per la rivalità che la opponeva al trono cattolico di Scozia, un po' per svincolare il suo paese dalle oppressive attenzioni della monarchia spagnola e del papato, Elisabetta orientò il paese verso il protestantesimo. Cercò di farlo senza eccessive scosse né rigurgiti di violenza, contando sul fatto che il cattolicesimo, privo di sostegni finanziari e politici, si sarebbe gradualmente estinto. Per mezzo della cosiddetta Legge di supremazia si fece nominare "suprema reggente delle cose sacre e profane", ristabilendo così l'autorità della corona sul clero, e per mezzo della Legge di uniformità ripristinò il Book of Common Prayer di Edoardo VI. I 39 articoli di fede, introdotti nel 1571, accentuarono la scelta calvinista della Chiesa anglicana, che mantenne tuttavia la propria organizzazione episcopale (
4.7). Per attuare la sua riforma, la regina ostacolò con fermezza le frange più radicali del calvinismo, prima fra tutte quella dei puritani, così chiamati perché chiedevano un'attuazione pura e integrale dei princìpi protestanti; essi reclamavano inoltre un'organizzazione simile a quella presbiteriana e dunque ostile all'episcopalismo. Lasciate libere di agire, avrebbero certamente portato il paese alla guerra civile.
Il maggiore problema politico della corona inglese era rappresentato dai rapporti con Maria Stuart, che salì al trono di Scozia nel 1561. La storia di questa regina fu un susseguirsi di coincidenze, sfortune ed errori. Francesco II di Francia, suo marito, che rappresentava la migliore garanzia sulla scena politica internazionale, morì precocemente a soli diciassette anni (1560). Appena giunta in Scozia, la cattolica Maria trovò una situazione interna estremamente difficile: il calvinismo aveva raggiunto posizioni maggioritarie, e si trattava per giunta di un calvinismo intransigente, che non accettava il dialogo col potere politico. Con un'opera abile Maria Stuart cercò di recuperare al cattolicesimo le posizioni perdute e allacciò stretti rapporti con Filippo II e con il papa. Di giorno in giorno essa appariva sempre più come la rivale di Elisabetta, tanto più in quanto dal punto di vista dinastico ne era l'erede più diretta. Ma una torbida vicenda di corte, culminata nell'assassinio del secondo marito di Maria Stuart, Lord Darnley, fece precipitare la situazione: i sospetti che la regina fosse complice del delitto divennero certezza quando Maria sposò l'assassino di Darnley, il conte di Bothwell, del quale era innamorata.
In questa vicenda passionale naufragò il trono di Scozia. Abbandonata dal popolo e aggredita da una rivolta dei Lords protestanti, nel 1567 la regina fu costretta ad abdicare in favore del figlio Giacomo e a riparare in Inghilterra tra le braccia della sua principale nemica, Elisabetta, che la rinchiuse in una prigione dorata.
Torna all'indice