10.4 L'Italia spagnola
Dopo la pace di Cateau Cambrésis del 1559 il quadro politico della penisola registrò un più forte predominio della Spagna, che oltre a Napoli controllava ormai la Sicilia, la Sardegna, il Ducato di Milano e quella serie di importanti piazzeforti della costa tirrenica che vanno sotto il nome di Stato dei presidi. Ma l'influenza spagnola si estendeva anche su Genova e su compagini di rilievo come il Granducato di Toscana. Quegli stessi Stati che godevano di maggiore autonomia, come lo Stato della Chiesa, la Repubblica di Venezia e il Ducato di Savoia, erano fortemente condizionati dalla Spagna. Quest'ultima - non bisogna dimenticarlo -, anche se avviata a un'inarrestabile decadenza, era pur sempre la maggiore potenza politica del tempo e i suoi rinnovati contrasti con la Francia influenzarono la situazione italiana. Il Ducato di Savoia, preso fra le due potenze, dovette subire per tutta la prima metà del '600 costanti interventi francesi.
L'Italia fu toccata solo marginalmente dalle operazioni militari della guerra dei Trent'anni (guerra della Valtellina, guerra del Monferrato), ma quel terribile conflitto ebbe comunque conseguenze negative nella penisola e in particolare nelle regioni direttamente sottoposte al dominio spagnolo. Nel momento in cui aveva mobilitato tutte le sue stremate energie nella guerra, la Spagna vedeva l'Italia come una terra da spremere per arruolare truppe, ammassare viveri, procurarsi denaro. In tutti i territori spagnoli, ma principalmente nel Regno di Napoli, la pressione fiscale raggiunse livelli soffocanti, aggravando le condizioni di vita dei sudditi, già duramente provate dalla crisi economica. Nella disperata ricerca di denaro, il governo metteva all'incanto tutte le entrate pubbliche e gli stessi capitali dello Stato: la riscossione delle imposte come le dogane, i titoli nobiliari come i comuni rurali del demanio regio. Gli acquirenti facevano a gara nell'accaparrarsi tutto questo: si trattasse di banchieri, di mercanti, di signori di antica o più recente estrazione. In cambio del denaro che avevano sborsato, essi cercavano di ottenere i più larghi profitti, e non esitavano a sfruttare le popolazioni.
Questa oppressione determinò un clima di aspra tensione sociale, caratterizzato dal dilagare del brigantaggio e da un ribellismo diffuso. L'episodio più rilevante fu la rivolta napoletana del luglio 1647, esplosa in conseguenza dell'imposizione di una nuova gabella. La furia popolare, animata da un giovane pescivendolo di nome
Masaniello e coordinata dall'abate Giulio Genoino, dilagò rapidamente nelle campagne, guadagnò vasti consensi nella borghesia e assunse rapidamente anche un carattere antispagnolo. La morte di Masaniello, ucciso ben presto in circostanze misteriose, non spense la rivolta, che si diede anzi prospettive più vaste: l'armaiolo Gennaro Arnese cercò di dar vita a una repubblica prendendo a esempio l'esperienza delle Province Unite, e chiese aiuto alla Francia. L'atteggiamento del cardinale Mazzarino fu molto cauto, ma l'appello fu raccolto dal nobile francese Enrico di Guisa, che fu nominato capo della repubblica. Il fronte dei rivoltosi, peraltro mal guidato, non riuscì tuttavia a trovare una ispirazione unitaria e fu facile preda dei nemici: il governo spagnolo e i baroni organizzarono una repressione sistematica a Napoli e nelle campagne. Nel 1648 la repubblica fu abbattuta e la situazione tornò alla normalità. Una "normalità" che sarebbe durata a lungo e che si fondava sull'impotenza e sulla rassegnazione delle masse popolari.
La rivolta napoletana del 1647 fu uno degli episodi rivoluzionari più importanti della storia italiana, per la vastità del sollevamento, per le forze sociali che vi furono coinvolte, per i temi e le suggestioni che essa aprì. Nel quadro europeo fu una delle tante rivoluzioni che caratterizzarono quegli anni (capitolo 9). L'esito di queste rivoluzioni fu diverso nei vari paesi europei e condizionò la loro storia anche nei secoli seguenti: "Si può dire che i movimenti rivoluzionari europei della metà del '600 - ha scritto Corrado Vivanti - segnino il punto di congiungimento di un movimento a forbici: dove si affermano, rimuovono dal terreno pesanti ostacoli allo sviluppo e liberano nuove energie, consentendo a paesi fino allora non certo collocabili nei primissimi ranghi delle potenze europee - come i Paesi Bassi o l'Inghilterra di Cromwell - di procedere audacemente sulla via del rinnovamento economico, sociale e politico verso una prospettiva di sviluppo mondiale del loro predominio; dove falliscono, si apre un processo a catena di repressione e di decadenza, che precipita anche paesi prosperi in condizioni di arretratezza drammatica. In quest'ultima categoria non troviamo difficoltà a inserire il Regno di Napoli".
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