13.7 L'America spagnola e portoghese
Primi a giungere in America, gli spagnoli furono anche i primi a consolidare il loro impero coloniale. Questo impero aveva i suoi pilastri in una amministrazione centralizzata e controllata dalla madrepatria (il Consiglio delle Indie) e in un commercio monopolistico che faceva capo in Spagna a un unico porto (Siviglia e, dal 1717-18, Cadice) e a un'unica corporazione mercantile (la Casa de la Contractación). Alla durata di questo dominio (oltre tre secoli) va attribuita l'impronta spagnola - nella lingua, nelle tradizioni, nei modi di vita - che ha caratterizzato e ancora caratterizza gran parte dell'America centrale e meridionale.
In questo immenso impero bisogna distinguere tra territori sede di un'intensa immigrazione spagnola, come il Messico e il Perù, e altri (Florida, Caraibi, California, Cile, la Plata, Paraguay) dove gli insediamenti erano più radi. Nel primo caso, l'ampio sfruttamento delle risorse minerarie giustificava un intenso e diffuso popolamento. Nel secondo, piccoli nuclei costieri controllavano vaste zone interne, talora sconosciute e inesplorate. L'America spagnola era divisa in vicereami. Accanto all'autorità suprema dei viceré, e quasi a mitigarla, furono istituite, come in Castiglia, le audiencias, organismi collegiali (simili ai parlamenti francesi) con compiti giudiziari e amministrativi. L'estensione della loro giurisdizione corrispondeva alle suddivisioni amministrative e territoriali dei vicereami.
Le cariche più elevate (i viceré, i magistrati delle audiencias) erano di nomina regia e non ereditarie, mentre quelle meno importanti erano venali. I funzionari di grado più elevato provenivano tutti dalla madrepatria: ad essi era vietato acquistare case e proprietà o altri beni in America e sposare donne del luogo, anche se di origine spagnola. L'obiettivo era quello di evitare collusioni di interessi con gli spagnoli nati in America (i creoli) e in genere ogni iniziativa di natura economica che potesse ridurre l'autonomia e il prestigio della carica. In realtà, innumerevoli furono i modi per eludere queste disposizioni e tramutare le cariche oltremare in fonti di cospicui guadagni. Per ridurre gli arbitri, la corruzione e la inefficienza la Spagna adottò, a partire dal 1782, un sistema di controllo affidato a un corpo di intendenti, modellato sull'esempio francese.
Più graduale e più tarda fu l'organizzazione amministrativa del Brasile portoghese. Il modello fu quello spagnolo, anche in conseguenza dell'unione delle monarchie, di Spagna e Portogallo, fra il 1580 e il 1640. Scoperto nel 1501 e colonizzato con modesti insediamenti costieri, il Brasile assunse nuova importanza quando, alla fine del '500, cominciò a ridursi la supremazia portoghese nei traffici con l'Oriente. Nel 1604 fu istituito il Conselho de India, poi ultramarino; nel 1640 il governatore generale del Brasile assunse la carica di viceré, ma il vicereame fu istituito solo nel 1714. Una maggiore autonomia fu concessa ai coloni brasiliani rispetto ai creoli e meno rigido fu il monopolio commerciale della madrepatria.
Nel '600 e nel '700 il Brasile dimostrò un notevole dinamismo che si tradusse nella vittoriosa lotta contro gli olandesi (1630-54), che avevano occupato la regione di Pernambuco, e nell'espansione a sud, a nord e all'interno oltre la linea del trattato di Tordesillas (1494) e quindi nei territori spettanti di diritto alla Spagna. Alla fine del XVIII secolo i confini del Brasile avevano raggiunto le Ande e la sua superficie di 8,5 milioni di kmq superava quella di tutta l'America meridionale spagnola. Ma l'aspetto forse più significativo della colonizzazione del Brasile è che i portoghesi misero in atto su quelle terre il sistema produttivo fondato sulle piantagioni di canna da zucchero e sul lavoro degli schiavi neri (
13.9).
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