16. Illuminismo e riforme
16.1 L'Illuminismo
La vita culturale del XVIII secolo fu dominata da un grandioso movimento intellettuale, che a partire dagli anni '30 coinvolse tutta la società colta europea e che, in omaggio al ruolo rischiaratore assegnato alla ragione, e stato chiamato "illuminismo" (lumières in francese, Aufklärung in tedesco, Enlightenment in inglese). La Francia fu il maggiore centro di diffusione di questo movimento, anche se le sue origini e i suoi principali riferimenti filosofici sono da rintracciare nella tradizione culturale inglese della seconda metà del XVII secolo.
Nell'Illuminismo convergono posizioni e orientamenti, interessi e riflessioni molto diversi e talora antitetici. Nonostante questa estrema varietà e pluralità, è possibile individuare alcune caratteristiche comuni e unificanti. Fra queste innanzitutto il modo di considerare la ragione, di cui non solo vengono esaltati i poteri, ma è anche proposto un impiego libero e spregiudicato. Strumento che appartiene a tutti gli uomini indistintamente, la ragione per gli illuministi è in grado di vagliare criticamente la realtà, non per un puro esercizio intellettuale, ma con il proposito concreto di assicurare la felicità e il benessere degli uomini. La critica illuminista investe, quindi, soprattutto le istituzioni politiche e religiose, il principio di autorità e di tradizione, e opera nei confronti di questa realtà con un metodo empirico e sperimentale, fatto di curiosità, di osservazioni e di raffronti.
In seno al movimento illuminista si venne precocemente manifestando un'esigenza riformatrice della società e dei costumi che si espresse in progetti e teorie spesso contrastanti, dal radicalismo egualitario al moderato riformismo dei principi. Presente in tutto il pensiero illuminista fu la fiducia nel progresso, che nasceva da una riflessione sulla storia intesa come faticoso processo di incivilimento e come liberazione dalla tutela del sacro e dell'irrazionale. Bersaglio centrale degli illuministi furono la Chiesa e le confessioni religiose in genere, considerate fonti di ignoranza, matrici di superstizione e pregiudizi: in questo senso l'Illuminismo fu un movimento profondamente laico, con il quale giunse a compimento quel processo di distacco dal divino iniziato nel Rinascimento. Il rifiuto dei dogmi, degli apparati dottrinali, del cerimoniale liturgico non comportò necessariamente la negazione della fede. Prevalse invece l'adesione al deismo e a una religione naturale e razionale (
11.6), anche se fra gli illuministi non mancarono correnti atee e materialiste. Significativi furono in questo contesto gli studi sulle origini storiche delle religioni, il comparativismo religioso e in generale il rifiuto della tradizione biblica.
Protagonista dell'Illuminismo fu una nuova figura di intellettuale, più saggista che filosofo, spesso giornalista e pubblicista, fondamentalmente eclettico e disposto ad esplorare nuovi campi disciplinari, votato alla divulgazione in un rapporto costante con il suo pubblico. Convinto che i poteri della ragione e dell'educazione fossero in grado di rovesciare da soli l'arretratezza derivante dall'ignoranza e di aprire le vie del progresso, l'intellettuale illuminista riservava a sé e alle élites colte un ruolo chiave nella società. In rapporto a questa aspirazione a estendere l'influenza delle nuove idee, si rafforzarono e moltiplicarono i luoghi e gli strumenti della comunicazione: salotti, caffè, club, accademie e tutte le pubblicazioni a stampa, pamphlets, riviste, gazzette, ecc.
L'immagine tradizionale di un Illuminismo segnato esclusivamente da un'impronta razionalista non deve tuttavia far dimenticare che, proprio nell'ambito della cultura dei lumi, si consolidò l'interesse per le componenti affettive ed emotive, tanto da fare del sentimento una categoria interpretativa e uno strumento di comprensione dell'agire umano. Questo ulteriore punto di vista contribuì ad allargare gli orizzonti del pensiero settecentesco aprendo nuove frontiere alla riflessione, in particolare nel campo dell'etica e dell'estetica.
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