16.4 Cosmopolitismo e circolazione delle idee: la diffusione dell'Illuminismo
Tutti i paesi europei parteciparono, in maggiore o minor misura, al movimento illuminista. Dal Portogallo alla Polonia, dall'Italia alla Svezia fu tutto un fiorire di opere, di periodici, di gazzette e di accademie ispirate agli ideali e ai programmi dei Lumi. Alcuni paesi - è il caso della Polonia - videro realizzarsi una vera e propria rinascita intellettuale e culturale. Significativo fu il sorgere e il diffondersi in tutta Europa di accademie agrarie votate al miglioramento dell'agricoltura. Nessun grande dibattito o tema di discussione rimase chiuso nel suo ambito d'origine. Un tratto accomunò intellettuali, riformatori e pubblico colto: la convinzione di essere tutti partecipi di una grande opera di rinnovamento che non conosceva confini nazionali.
Questo cosmopolitismo e questa circolazione delle idee furono gli elementi portanti della cultura delle élites. All'interno di un disegno dai contorni così ampi, non bisogna perdere tuttavia di vista alcune linee forti, rappresentate dal contributo del pensiero inglese (e per la precisione scozzese) e dall'egemonia della cultura e degli intellettuali francesi. Un'egemonia legata a un ambiente e ad iniziative più dinamiche e di maggior successo, come l'Enciclopedia. In un tessuto di relazioni culturali così fitto un ruolo egemonico spettò anche ad alcune singole opere (non solo francesi) destinate a incidere più profondamente e a lasciare tracce più durature: si pensi all'Esprit des lois di Montesquieu o a Dei delitti e delle pene di Beccaria (di cui parleremo tra poco).
Le origini dell'Illuminismo nel mondo tedesco furono legate alla lotta contro il dogmatismo e l'autoritarismo della Chiesa luterana. Il filosofo e drammaturgo
Gotthold Ephraim Lessing (1729-1781) fu fautore della tolleranza e nemico dell'assolutismo. Con
Alexander Baumgarten (1714-1762) si giunse alla costituzione dell'estetica, "la dottrina filosofica della conoscenza sensibile", come disciplina autonoma. Ma il punto più alto dell'Illuminismo tedesco - e quasi il compimento di tutta la filosofia del '700 - fu raggiunto dall'opera di
Immanuel Kant (1724-1804) che, nella Critica della ragion pura (1781), attuò la cosiddetta "rivoluzione copernicana" nel campo della conoscenza, premessa di tutta la filosofia e la scienza successive. Per Kant la conoscenza scientifica può essere solo il risultato di una sintesi fra la realtà empirica e le categorie universali del soggetto.
Dell'Illuminismo Kant diede, in risposta al quesito Was ist Aufklärung ("Che cos'è l'Illuminismo?"), una definizione memorabile per chiarezza e intensità:
L'Illuminismo è l'uscita dell'uomo dallo stato di minorità che egli deve imputare a se stesso. Minorità è l'incapacità di valersi del proprio intelletto senza la guida di un altro. Imputabile a se stesso è questa minorità, se la causa di essa non dipende da difetto di intelligenza, ma dalla mancanza di decisione e del coraggio di far uso del proprio intelletto senza essere guidati da un altro. Sapere aude! Abbi il coraggio di servirti della tua propria intelligenza! È questo il motto dell'Illuminismo.
Particolarmente ricco fu l'apporto dell'Italia al movimento illuminista, soprattutto per l'attenzione rivolta ai problemi dell'economia e degli ordinamenti giuridici.
Già agli inizi del '700, le figure di Muratori, Vico e Giannone testimoniarono del rinnovamento culturale italiano prima dell'Illuminismo o indipendentemente da esso. Esponente di quello che potrebbe chiamarsi un cattolicesimo illuminato, il sacerdote
Ludovico Antonio Muratori (1672-1750), storico e grande erudito attivo a Modena, polemizzò contro le superstizioni e gli eccessi esteriori del culto e fu sostenitore di moderate riforme dello Stato e della società.
Personalità complessa, dotato di una cultura composita ed eterogenea,
Giambattista Vico (1668-1744) affrontò in modo originale e innovativo le problematiche della storia. Questa Scienza nuova (è il titolo della sua opera maggiore, 1725-44), unica fonte del sapere contrapposta all'aridità delle scienze fisico-matematiche, riconosceva le regole costanti di un divenire storico scandito da fasi identiche che similmente e ciclicamente ricorrono per tutti i popoli. L'opera di Vico, non apprezzata dai contemporanei se non in ambiente napoletano, ebbe risonanza in periodo romantico e fu poi riscoperta dalla cultura neo-idealista e storicista italiana (in particolare da Benedetto Croce).
Nell'Istoria civile del regno di Napoli (1723)
Pietro Giannone (1676-1748) rivendicò la supremazia dello Stato sulla Chiesa e pose le basi storiche del giurisdizionalismo (
16.5). Le sue teorie, ostili a ogni forma di potere temporale della Chiesa, gli costarono le persecuzioni ecclesiastiche e la morte in carcere.
Nel Regno di Napoli i problemi dei rapporti con la Chiesa e l'analisi delle condizioni economiche accompagnarono tutta l'opera di rinnovamento culturale intrapresa dagli illuministi. La personalità di maggiore spicco fu
Antonio Genovesi (1713-1769), seguace di Locke, studioso di filosofia e di economia. Dal 1754 tenne la cattedra di "Commercio e meccanica" all'Università di Napoli e al suo insegnamento si formò la generazione successiva di riformatori napoletani. Nelle Lezioni di Commercio (1765-67) propugnò uno sviluppo delle manifatture e dell'agricoltura volto a sollevare il Regno di Napoli dall'arretratezza.
Ferdinando Galiani (1728-1787) raggiunse notorietà europea per l'opera Della moneta (1751), che contiene un'originale teoria del valore ed è ricca di acute osservazioni sulla circolazione monetaria. Galiani, che visse a lungo a Parigi e fu in contatto con gli ambienti intellettuali francesi, si schierò vivacemente contro gli eccessi liberisti dei fisiocratici. Larga diffusione in Italia e in Europa, ottenne anche la Scienza della legislazione (1780-85) di
Gaetano Filangieri (1752-1788), che, oltre a reclamare una codificazione delle leggi e una riforma della procedura penale, attaccava gli abusi del sistema feudale meridionale.
L'altro grande centro dell'Illuminismo italiano fu Milano dove, intorno alla rivista "Il Caffè" (1764-66), impegnata nella lotta per le riforme, si raccolsero Cesare Beccaria e i fratelli Alessandro e Pietro Verri. Tanto
Pietro Verri (1728-1797) che
Cesare Beccaria (1738-1794) furono inizialmente mossi da interessi per l'economia e per la politica economica: entrambi diverranno in seguito funzionari del governo austriaco. Legato alla ricca atmosfera culturale e ai dibattiti del "Caffè" fu Dei delitti e delle pene, il breve volume di straordinario successo che Beccaria pubblicò nel 1764. Decine di edizioni e di traduzioni diffusero non solo in Europa, ma anche in America, l'analisi del sistema giudiziario e gli argomenti contro la pena di morte e la tortura, e a favore della pubblicità del processo e della prevenzione del delitto. La visione della giustizia e della pena poggiavano su una concezione contrattualistica dello Stato, dalla quale discendeva che la pena di morte non era "né utile né necessaria". Il messaggio umanitario di Beccaria ispirò, come vedremo, molti tentativi di riforme giudiziarie dell'assolutismo illuminato, ma il principio dell'abolizione della pena di morte stentò a lungo, e non solo nel '700, a farsi strada nella coscienza dei governi e dei popoli.
Si è accennato alla circolazione internazionale delle idee e delle opere come uno degli elementi caratterizzanti questo periodo: e grande importanza ebbero le estese trame dei contatti epistolari e l'aumentato numero dei periodici e dei giornali. Ma uno dei maggiori centri propulsivi delle nuove idee e dei programmi riformatori fu la
massoneria. Setta segreta nata in Inghilterra sulla base dei riti e delle tradizioni delle antiche corporazioni di liberi muratori (free-masons), la massoneria accolse al suo interno nobili, borghesi e intellettuali accomunati dalla battaglia per la tolleranza, dalla lotta al fanatismo e all'oscurantismo religioso, in nome della filantropia, della fratellanza universale e della certezza sull'efficacia dei lumi. Si diffuse tra gli anni '20 e '30 del '700 in tutta Europa (e si distinsero diversi riti o obbedienze: inglese, scozzese, francese) e fu talora legata alle curiosità e alle mode, che ne indebolirono forse il messaggio ma contribuirono ad accrescerne le adesioni. Le élites riformatrici poterono così disporre di un formidabile strumento di pressione nutrito dalle solidarietà esoteriche e dal fascino della segretezza.
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