16.6 Le riforme nell'Impero asburgico
Le monarchie che con maggior continuità si impegnarono nella realizzazione di un programma di riforme furono l'Austria e la Prussia, le due potenze rivali nell'Europa centrale. E fu proprio la reciproca conflittualità a stimolare il rafforzamento e la riorganizzazione dello Stato.
Durante il lungo regno di
Maria Teresa (1740-80) furono realizzate le principali riforme nell'Impero asburgico. L'imperatrice prese una complessa serie di provvedimenti tesi a ridurre i particolarismi locali e a separare competenze e attribuzioni ancora confuse, dividendo ad esempio i poteri finanziari e amministrativi da quelli giudiziari. L'amministrazione fu accentrata in sei dipartimenti e fu conferito a un Consiglio di Stato di sei membri un ruolo decisivo di coordinamento. Principale consigliere della sovrana e ispiratore della sua politica fu il conte (e poi principe)
Wenzel Anton von Kaunitz, ministro degli Esteri e cancelliere, carica quest'ultima che gli dava la presidenza del Consiglio di Stato. Con Maria Teresa si venne formando quell'apparato statale, caratterizzato da proverbiali spirito di servizio e correttezza formale, che costituì per 150 anni la struttura portante del composito Impero asburgico. La centralizzazione delle funzioni amministrative contribuì a fare di Vienna una capitale vivace e cosmopolita, meta di intellettuali e artisti, sede, con Haydn e Mozart, della più vivace civiltà musicale del tempo.
La redazione del catasto consentì di tassare anche le terre dei nobili, seppure in misura proporzionalmente inferiore a quelle dei contadini. Un regolamento del 1774 fissò i criteri per l'istruzione primaria obbligatoria e sollecitò le parrocchie e le autorità signorili a istituire le scuole locali; parallelamente furono creati gli istituti per la formazione dei maestri. Con i proventi dei beni della soppressa Compagnia di Gesù, che fu sostituita nell'insegnamento superiore dagli scolopi, vennero finanziate le spese per la pubblica istruzione. Qualche anno prima Maria Teresa aveva dato, infatti, l'avvio a una serie di interventi nei confronti delle prerogative del clero: la censura passò nelle mani dello Stato; venne progressivamente abolita l'Inquisizione; fu fatto divieto di pronunciare i voti monastici prima dei 24 anni.
Fu proprio il giurisdizionalismo che diede la maggiore notorietà a
Giuseppe II (1765-90), già imperatore e associato al trono dal 1765, quando successe alla madre Maria Teresa nel 1780. Ispirato alle teorie del febronianismo (da Giustino Febronio, pseudonimo del canonista tedesco J. N. von Hontheim, autore nel 1763 dell'opera De statu ecclesiae) la politica ecclesiastica di Giuseppe II, il giuseppinismo, intese unificare nelle mani dello Stato i poteri sul clero nazionale, sottraendoli al pontefice e ai suoi rappresentanti (i nunzi apostolici). Furono soppressi i conventi e gli ordini contemplativi, ossia quelli non dediti all'assistenza e all'insegnamento: in tempi brevissimi furono chiusi 700 conventi e i religiosi regolari ridotti da 65.000 a 27.000. Contemporaneamente vennero creati seminari generali statali per l'istruzione di tutto il clero. Nel 1781 in nome di una visione attiva e produttiva della tolleranza ("sono disposto - sosteneva Giuseppe II - ad accettare i servizi di ognuno nelle questioni secolari, qualunque credo professi. Lasciamo che chiunque sia qualificato possa esplicare la propria attività nel campo agricolo e industriale") furono abolite le discriminazioni nei confronti di protestanti e greco-ortodossi e, con la concessione dei diritti civili, emancipati gli ebrei. Invano il papa Pio VI, che si spinse fino a Vienna nel 1782, tentò di indurre alla moderazione l'imperatore asburgico.
In molti altri campi Giuseppe II accentuò con decisione la prudente politica innovatrice della madre. Nella legislazione criminale Maria Teresa aveva portato ordine, ma aveva lasciato sopravvivere la pena di morte, la tortura e il rogo, pur abolendo i processi di stregoneria. Con il codice penale giuseppino del 1788, il primo veramente moderno, furono ridotti i casi puniti con la pena di morte e soppressa la tortura, ma furono estesi nel contempo i delitti "politici". Giuseppe introdusse il matrimonio civile, la libertà di stampa e diede ulteriore impulso all'istruzione statale.
Nel 1781-82 furono abolite nei territori dell'Austria e della Boemia le servitù personali dei contadini: per la prima volta gli spostamenti, i matrimoni e la scelta dei mestieri divennero liberi. Nelle proprietà della corona i contadini soggetti vennero trasformati in affittuari ereditari. Giuseppe II avviò inoltre un nuovo catasto per ridurre i residui privilegi fiscali e progettò di convertire i diritti signorili in imposta fondiaria. Il tentativo di estendere questi provvedimenti all'Ungheria suscitò una vigorosa opposizione da parte della nobiltà locale che vedeva lese le antiche consuetudini e prerogative. Un'analoga opposizione si manifestò nei Paesi Bassi austriaci (Belgio) quando, in nome di quella uniformità che costituiva uno dei princìpi basilari del nuovo sistema amministrativo, l'imperatore volle abolire le autonomie e gli statuti tradizionali di quelle regioni. Così il breve regno di Giuseppe II (morì nel 1790 a 49 anni) finì sotto il segno delle ribellioni autonomistiche.
Il suo successore, il fratello Leopoldo II(1790-92), già granduca di Toscana con il nome di Pietro Leopoldo (
16.8), fu costretto a pacificare l'Impero ritirando i provvedimenti più radicali e ponendo fine al progetto più ampio e più conseguente dell'assolutismo illuminato. Del resto il timore del nuovo e la necessità di pace sociale erano sollecitati fortemente da quanto stava avvenendo in Francia con gli inizi della rivoluzione.
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