17.4 L'industria del cotone
L'attività industriale che per prima si avvalse dei mutamenti nelle tecniche e nei sistemi organizzativi fu quella cotoniera: in questo senso il cotone fu il battistrada del nuovo modo di produzione basato sulla fabbrica.
Intorno al 1760, l'Inghilterra importava 2,5 milioni di libbre di cotone greggio; nel 1787 l'importazione era salita a 22 milioni, per giungere cinquant'anni dopo a 366 milioni. Da una percentuale trascurabile nel 1760, i filati e i tessuti di cotone passeranno nel 1815 a rappresentare il 40% del valore di tutte le esportazioni inglesi.
Se si considera la progressiva riduzione dei prezzi intervenuta nello stesso periodo di tempo e il costante miglioramento della qualità dei filati, ci si rende conto che il dato espresso in valore sottostima largamente l'incremento reale della quantità fisica del prodotto e non ragguaglia che in misura minima sull'enorme salto di qualità e di efficienza compiuto dall'industria cotoniera britannica.
Alla vigilia della rivoluzione industriale, l'Inghilterra eccelleva nei manufatti di lana (il 46% delle esportazioni), mentre il cotone veniva utilizzato prevalentemente per la lavorazione di tessuti misti (insieme alla lana e al lino). Si trattava di una produzione effettuata quasi interamente a domicilio, di mediocre qualità e non in grado di competere con il calicò e la mussola indiani. La maggiore disponibilità di materia prima che fece seguito all'espansione commerciale inglese e ai rapporti con le colonie fu certo una premessa necessaria, ma non sufficiente, a spiegare la trasformazione di una frangia marginale del sistema produttivo in un settore industriale dalla crescita vertiginosa, in grado di trainare, almeno nella prima fase, l'espansione globale dell'economia britannica.
In realtà numerosi altri fattori concorsero a favorire questo processo: in primo luogo proprio la mancanza, nel settore cotoniero, di tradizioni consolidate e l'esistenza di metodi rudimentali di fabbricazione permisero di assorbire con minori resistenze le nuove tecnologie, facendole convivere con il vecchio modo di produrre. In secondo luogo, la lavorazione industriale del cotone si basava su impianti e tecnologie fortemente innovativi, ma di costo limitato. Non richiedeva perciò grandi investimenti iniziali in capitale fisso (cioè in macchinari), mentre sembrava promettere una rapida ed elevata remunerazione dei capitali impiegati, rendendo questa destinazione particolarmente appetibile per un numero notevole di piccoli investitori con propensione al rischio.
Quello che serviva all'industria nascente era invece un'ampia disponibilità di manodopera alla quale non era richiesta una particolare specializzazione, data l'elementarità della manovra delle nuove macchine tessili. L'espansione demografica e la possibilità di impiegare donne e bambini fornirono all'industria la necessaria quantità di forza lavoro a basso costo per poter anzitutto entrare sul mercato a prezzi competitivi e sostenere quindi l'allargamento della domanda.
Infine, i prodotti cotonieri poterono essere venduti a prezzi sempre più convenienti, tali da consentire il loro acquisto da parte di gruppi di popolazione a basso reddito che si affacciavano per la prima volta al mercato, e da incentivare il consumo da parte di settori sociali con maggiori disponibilità economiche, attratti dal miglioramento della qualità. Il risultato fu l'affermarsi di una domanda elastica, che tendeva cioè ad aumentare in modo più che proporzionale alla diminuzione dei prezzi, e per la quale si rese disponibile un'offerta diversificata e flessibile.
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