17.5 L'industria del ferro
L'industria siderurgica inglese attraversò un processo assai rapido di espansione che coincise, in larga misura, con la fase di accelerazione della rivoluzione industriale. Questa coincidenza rappresentò il risultato delle interconnessioni che si stabilirono tra il ferro e gli altri settori industriali. La progressiva meccanizzazione infatti dipendeva da investimenti in nuove attrezzature e macchine costruite prevalentemente in ferro.
L'industria siderurgica riuscì a far fronte a questa domanda in parte modificando la sua struttura, ma, soprattutto, introducendo nuove tecnologie nel processo di produzione. Questo settore industriale, pur avendo assunto fin dai suoi albori, nel corso del XVI secolo, un assetto relativamente moderno, caratterizzato dalla concentrazione produttiva e dal lavoro salariato, e pur avendo ricoperto un ruolo importante nell'economia inglese di quel periodo, aveva subito una prolungata crisi che era dipesa tanto dalla scadente qualità del minerale di ferro inglese che dalla ridotta disponibilità di energia. Il combustibile adoperato negli altiforni era infatti costituito dal carbone di legna, una risorsa in via di progressivo esaurimento (per la pressione congiunta di una crescente richiesta di legname per uso abitativo e industriale e di una riduzione delle foreste determinata dall'incremento demografico e dallo sviluppo dell'agricoltura). I tentativi che pure erano stati compiuti di sostituire al carbone di legna il coke prodotto dalla distillazione del carbone fossile, materia prima largamente disponibile nel sottosuolo inglese, si erano scontrati con difficoltà legate tanto alle qualità del minerale di carbone che a quelle del minerale ferroso: il primo era infatti caratterizzato da una combustione lenta e incompleta; il secondo era troppo ricco di impurità e la sua raffinazione richiedeva temperature notevolmente più elevate di quelle raggiungibili in un tradizionale altoforno a coke. L'inevitabile conseguenza di queste difficoltà fu la crescente importazione di ferro dalla Svezia (che disponeva di un minerale assai più puro) e la stagnazione dell'industria siderurgica nazionale.
La macchina a vapore e il sistema di Henry Cort, brevettato nel 1783-84, mutarono totalmente questa situazione, permettendo non solo la produzione di ghisa (risultante dalla raffinazione del ferro negli altiforni) di buona qualità anche a partire dal minerale inglese, ma soprattutto un notevole abbattimento dei costi di produzione. Infatti l'insufflazione di aria negli altiforni, assicurata dalle macchine a vapore, consentiva la completa combustione del coke e il raggiungimento di temperature sufficientemente elevate da rendere possibile il processo di raffinazione del ferro. La macchina a vapore rendeva inoltre disponibili in modo continuo le grandi potenze necessarie per modellare la ghisa con i magli e i laminatoi. Il sistema di Cort riunificava puddellaggio (fusione e rimescolamento), martellatura e laminazione, operazioni fino allora svolte separatamente, e permetteva la completa eliminazione di tutte le impurità della ghisa.
La produzione di ghisa crebbe costantemente dalle 68.000 tonnellate del 1788 alle 581.000 del 1825, e dal 1812 l'Inghilterra diventò un paese esportatore. Il ferro assurse a simbolo della nuova civiltà della macchina, e il suo impiego, oltre che in ogni tipo di strumenti, si affermò nell'edilizia pubblica e abitativa, in parte per le caratteristiche intrinseche e la convenienza del materiale, ma in parte anche per il suo valore simbolico. Fra il 1775 e il 1779 veniva costruito a Coalbrookdale sul fiume Severn il primo ponte interamente in ghisa con una luce di 30 metri e nel 1796 un altro ponte in ghisa a Sunderland con una luce di 71 metri. Il trionfo di questa funzione celebrativa del ferro si sarebbe avuto con la costruzione del Crystal Palace per l'Esposizione universale di Londra del 1851.
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