20.2 L'Impero e le guerre di Napoleone
La pace di Lunéville non aveva interrotto l'espansione francese in Italia. Nell'aprile 1801 fu incorporato il Piemonte, nel 1802 fu occupato il Ducato di Parma, ma il controllo della Francia si estendeva anche a Genova e alla Toscana. La Repubblica cisalpina, dopo la convocazione di una Consulta a Lione, si era trasformata in
Repubblica italiana (1802) e si era dotata di una Costituzione simile a quella francese dell'anno VIII. Alla presidenza della Repubblica fu eletto Bonaparte e alla vicepresidenza il nobile milanese Francesco Melzi d'Eril.
In campo coloniale i francesi riuscirono a riprendere le Piccole Antille, ma non a ristabilire il loro dominio su Santo Domingo, controllata ormai da un decennio dagli ex schiavi neri ribelli. Le Antille erano vitali per la produzione di zucchero e caffè e in esse fu reintrodotta la schiavitù. La Louisiana, riottenuta dalla Spagna nel 1800, fu venduta nel 1803 agli Stati Uniti, per evitare che si schierassero a fianco dell'Inghilterra.
Questo dinamismo internazionale - testimoniato in campo economico da una dura politica protezionistica anti-inglese e da una maggiore stabilità monetaria, legata al rafforzamento della nuova moneta, il franco e alla nuova monetazione -, riaccese l'ostilità dell'Inghilterra che decise di non restituire Malta, come era previsto dalla pace di Amiens. Nel maggio 1803 la rinnovata tensione tra le due potenze portò alla rottura della pace. Ma la guerra vera e propria inizierà solo nel 1805, dopo il ritorno di Pitt al governo.
Il rafforzamento dei poteri del Primo console era stato accompagnato da un'accentuazione dei controlli sulla stampa e in genere su tutti gli aspetti della vita culturale (ad esempio, il teatro). Il risentimento di Bonaparte nei confronti dei critici della sua politica (attivi soprattutto in occasione del Concordato) l'aveva indotto ad epurare il Tribunato di molti intellettuali (tra cui lo scrittore Benjamin Constant) e più tardi ad allontanare da Parigi la scrittrice Madame de Staël, brillante figlia di Necker, che riuniva nel suo salotto molte voci dissenzienti. Ben più consistente era la minaccia che veniva dai sostenitori della monarchia appoggiati dall'Inghilterra. Nel marzo 1804 fu sventata una pericolosa congiura realista. Bonaparte non si accontentò dell'arresto dei responsabili (il generale Pichegru e il capo chouan Cadoudal, che avevano preso contatti anche con il generale Moreau), ma volle dare un durissimo esempio al partito monarchico. Un giovane nobile, emigrato e residente nel Baden (in territorio neutrale), il duca di Enghien dei Borbone-Condé, estraneo alla congiura, fu rapito, condotto a Parigi, processato illegalmente e fucilato.
Due mesi dopo Bonaparte volle cancellare ogni ipotesi di restaurazione borbonica facendosi nominare
imperatore dei francesi, dando così inizio ad una nuova dinastia. Il senatoconsulto del 18 maggio 1804 (
Costituzione dell'anno XII) che istituiva la dignità imperiale ereditaria (p. 551), fu sottoposto a plebiscito e approvato con oltre 3.500.000 "sì" e circa 2500 "no". Il papa Pio VII fu obbligato a partecipare alla cerimonia dell'incoronazione, il 2 dicembre 1804, nella cattedrale di Notre-Dame. Con gesto esplicito e accuratamente preparato, Napoleone prese la corona dalle mani del papa e se la pose sul capo; quindi incoronò la moglie Giuseppina.
Occorreranno cinque anni per fare accettare a tutta l'Europa (ma non all'Inghilterra) il nuovo Impero. Cinque anni di guerre, di annessioni, di formazione di nuovi regni. La geografia politica del continente ne risultò profondamente sconvolta.
Nel maggio 1805 la Repubblica italiana si trasformò in
Regno d'Italia: Napoleone ne cinse la corona a Milano e nominò viceré Eugenio Beauharnais, figlio di Giuseppina. Alla fine di agosto dello stesso anno la nuova coalizione antifrancese (la III coalizione fra Inghilterra, Austria, Russia e Svezia) obbligò Napoleone a muovere verso est, attraverso la Germania meridionale, la Grande armata che era stata concentrata sulle coste della Manica con l'obiettivo di invadere l'Inghilterra. Con una manovra a largo raggio, rapida e imprevedibile, accerchiò gli austriaci e li costrinse a capitolare a Ulm (ottobre). Conquistata Vienna (novembre), il 2 dicembre 1805 le truppe austriache e russe riunite furono sbaragliate ad
Austerlitz, in Moravia (p. 551). La pace con l'Austria firmata a Presburgo (Bratislava) in dicembre concedeva alla Francia il Veneto, l'Istria e la Dalmazia, che venivano incorporati nel Regno d'Italia. Anche la Baviera, alleata della Francia, si ingrandiva a spese dell'Austria ottenendo il Tirolo. Dopo Austerlitz il dominio napoleonico si estese ulteriormente in Italia: Napoleone dichiarò decaduti i Borbone di Napoli e impose sul trono il fratello Giuseppe.
Pochi giorni dopo la capitolazione di Ulm, la flotta francese e l'alleata spagnola erano state distrutte nella battaglia di
Trafalgar (21 ottobre 1805) a sud di Cadice dall'ammiraglio inglese Nelson, che morì in combattimento. La portata della vittoria inglese fu sottovalutata tanto dai vinti che dai vincitori, e in genere dall'opinione pubblica europea abbagliata dal trionfo di Austerlitz e dall'efficace propaganda napoleonica. In realtà Trafalgar determinò la definitiva rinuncia al progetto di invasione dell'Inghilterra e precluse ai francesi ogni reale possibilità di contrastare la potenza inglese sui mari.
Nel 1806 fallirono le ipotesi di pace sia con la Russia che con l'Inghilterra, dove, nonostante la morte di Pitt, il nuovo governo non mutò sostanzialmente politica. In Germania Napoleone creò nel giugno - con gli Stati vassalli della Francia come Baviera, Baden e Württenberg e altri minori - la
Confederazione del Reno di cui divenne "protettore". Agli inizi d'agosto annunciò di non riconoscere più il Sacro Romano Impero; poco dopo, l'imperatore Francesco II (che dal 1804 era anche formalmente l'imperatore Francesco I d'Austria) depose la millenaria corona. L'atteggiamento di Napoleone, che sembrava poter disporre a piacimento della Germania, indusse la Prussia a dichiarare guerra alla Francia (IV coalizione), ma il suo esercito fu annientato in una settimana (battaglie di Jena e di Auerstädt, ottobre 1806).
Da Berlino appena occupata Napoleone proclamò, il 21 novembre 1806, il divieto per i paesi del continente a mantenere relazioni commerciali con l'Inghilterra. Il
blocco continentale mirava a ottenere - attraverso una crisi economica indotta dall'assenza di sbocchi commerciali - quella distruzione della potenza inglese che sembrava impossibile raggiungere sul piano militare. Ma perché questo disegno potesse avere successo era necessario instaurare il dominio francese su tutta l'Europa.
Nell'inverno 1807 la guerra continuò con la Russia e con la Prussia, le cui residue truppe si erano aggregate all'esercito russo. La vittoria di Napoleone a Eylau (febbraio), dopo un durissimo scontro a lungo indeciso, non fu tuttavia risolutiva. Soltanto un'ulteriore sconfitta russa a Friedland (giugno) consentì di giungere alla pace che fu firmata a Tilsit (luglio). La Prussia fu duramente penalizzata con la perdita dei possessi polacchi costituiti ora in Ducato di Varsavia (affidato al re di Sassonia) e dei territori a ovest dell'Elba che, uniti all'Hannover e al Brunswick, formarono il Regno di Vestfalia per Girolamo, il più giovane dei fratelli di Napoleone. L'anno precedente la Repubblica batava era stata trasformata in Regno di Olanda per l'altro fratello Luigi.
Salvo alcune minori perdite territoriali (nell'Adriatico, dove i russi si erano installati nel 1799), la Russia non subì conseguenze dalla pace, ricevette anzi, con un trattato segreto di alleanza, carta bianca per l'espansione verso l'Impero ottomano e la Finlandia. Ma il risultato più significativo di Tilsit, quello a cui Napoleone mirava, fu l'inserimento dello zar
Alessandro I nella politica internazionale francese e nel blocco continentale. L'interruzione delle esportazioni russe di legname, canapa e lino verso l'Inghilterra avrebbe infatti messo in grave difficoltà le costruzioni navali inglesi.
Tilsit segnò l'apice della potenza napoleonica, il momento in cui essa apparve più incontrastata. I successi militari, il dominio su gran parte dell'Europa, l'umiliazione della Prussia, la svolta politica dello zar (soggiogato dal fascino di Napoleone), tutto sembrava confermarlo. Nei due anni successivi altre conquiste si sarebbero aggiunte ad ampliare il Grande Impero, ma accompagnate dalle prime gravi difficoltà militari, soprattutto in Spagna.
La conquista della Spagna rappresentò la fase più difficile dell'espansione napoleonica. Non bastò intervenire negli intrighi e nelle rivalità della famiglia reale spagnola per imporre il nuovo sovrano Giuseppe Bonaparte (che lasciava al cognato Gioacchino Murat il trono di Napoli). Il paese si sollevò contro i francesi a partire da Madrid (il 2 maggio 1808, il celebre dos de mayo), dando vita a una durissima resistenza armata. La capitolazione dei francesi a Bailén in Andalusia (luglio), prima sconfitta dell'esercito napoleonico, costrinse Giuseppe ad abbandonare Madrid. Nonostante l'intervento diretto di Napoleone, che riprese la capitale nel dicembre 1808, la Spagna non fu mai sottomessa interamente. Accanto agli insorti operò con successo un corpo di spedizione inglese comandato da Arthur Wellesley, futuro duca di Wellington. La Spagna diede l'esempio della capacità di un popolo di opporsi al predominio francese e dimostrò che la difesa dell'indipendenza nazionale, delle proprie istituzioni tradizionali e della fede cattolica, riscuoteva un consenso assai più ampio della limitatissima adesione ai programmi riformatori e antifeudali degli invasori.
Nel 1809 Napoleone fu nuovamente impegnato nella guerra contro l'Austria, che con l'Inghilterra, animatrice di tutte le alleanze antifrancesi, formò la V coalizione. L'Impero asburgico covava propositi di rivincita, attuabili - così si pensava a Vienna - grazie alle difficoltà di Napoleone in Spagna e alla possibilità di suscitare in Germania altre sollevazioni antifrancesi. Non sostenuti adeguatamente dall'intervento inglese, gli austriaci, battuti a Wagram nei pressi di Vienna (luglio), firmarono in ottobre la pace di Schönbrunn. L'Austria cedette la Galizia al Ducato di Varsavia, e alla Francia la Carinzia, la Croazia, Lubiana, Gorizia, Trieste e Fiume, che, unite all'Istria e alla Dalmazia (sottratte al Regno d'Italia), costituirono le
Province Illiriche annesse direttamente all'Impero francese. Il Regno d'Italia ottenne il Trentino ceduto dalla Baviera (l'anno precedente aveva assorbito le Marche). Altri più importanti mutamenti territoriali erano avvenuti nel frattempo in Italia. Nel 1808 Parma e la Toscana erano state annesse all'Impero. Nel 1809 furono incorporati anche il Lazio e l'Umbria. Scomparve lo Stato pontificio e Pio VII, che aveva scomunicato Napoleone, venne arrestato.
Fra il 1810 e il 1812 il Grande Impero - Francia e Stati vassalli - raggiunse la sua massima estensione. Un dominio che Napoleone volle legittimare sposando la figlia dell'imperatore d'Austria, la granduchessa Maria Luisa. Annullato il legame con Giuseppina, dal quale non erano nati figli, il nuovo matrimonio fu celebrato a Parigi nel 1810. L'"erede" della rivoluzione francese sposava una nipote di Maria Antonietta, la regina ghigliottinata nella capitale 17 anni prima. Diplomazia e ragione di Stato sarebbero bastate per rendere duratura questa riconciliazione?
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